La forza che ci muove

di Viola Scotto di Santolo
La forza che ci muove

Recensione di "La forza che ci muove. Diario di un bambino ostinato" in cui Maricetta Gianfalla racconta la storia del piccolo Tancredi

Si chiama Tancredi, sta nel pancione di mamma. Ha ventotto settimane e non sa ancora niente, della vita, della forza che ci vuole. Non si aspetta quello che sta per succedere. In verità, nessuno se lo aspetta. Quello che sta per accadere, ce lo racconta Maricetta Gianfalla, scrittrice ed esperta di design grafico e comunicazione. Lo racconta in questo libro piccolo e potente, con dolcezza, dando voce a una tenacia delicata, che è quella di un bambino “nato senza respiro” e poi tornato al mondo con una forza sorprendente che smonta il lettore.

Lo lascia lì a domandarsi come si costruisca tanta forza di volontà. La forza che ci muove. Il titolo del libro. Tutto comincia nel 2017. A fine settembre Tancredi è ancora nel pancione di mamma. Ha trentotto settimane. Segue da dentro con circospezione tutto quello che accade fuori. Le paure di una pressione sanguigna che al nono mese sale un po’ troppo, i passi di mamma verso l’ospedale, le ansie, i timori. E poi l’imprevedibile. Il 3 ottobre il ginecologo nota qualcosa di strano. C’è poco liquido amniotico. La preoccupazione sale.

Si dispone il ricovero.

E qui, a questo punto, tra le righe di una pagina si delinea una voce netta. È quella di Antonio, il papà di Tancredi, anche lui medico chirurgo che lavora nell’ospedale in cui Tancredi viene al mondo. Gli attimi sono concitati. Antonio si raccomanda di fare il cesareo per evitare che il feto soffra poi è costretto a tornare a casa per mettere a letto Lorenzo, il primo figlio. 

In ospedale la situazione precipita. Il medico decide di indurre il parto naturale.

La mamma di Tancredi si sottopone a una serie di tentativi, molto dolorosi, tutti a vuoto. E Tancredi comincia “a stare stretto”, gli manca il fiato. Si dimena, vorrebbe uscire, ma non sa come fare. Non ci riesce. E poi, a un certo punto, il pancione si ammutolisce. Il battito sparisce.

La mamma viene portata d’urgenza in sala parto.

A causa dei ritardi Tancredi “soffre di una lunga asfissia”. Sarà quella a procurargli le gravi lesioni cerebrali. Il bambino viene trasferito nel reparto di terapia intensiva neonatale di un altro ospedale, viene posto in ipotermia.

Qualche settimana dopo la diagnosi: paralisi cerebrale.

Le pagine si zittiscono. A questo punto si potrebbe credere che il libro si concluda in fretta oppure che continui ma con una specie di monotono dondolio doloroso. E invece no. Sta qui la forza che ci muove. Ed è una forza che ci muove davvero, se lo vogliamo, anche se il cervello dice di no. Il libro segue le ricerche instancabili fatte da papà Antonio, i consulti con i luminari, i viaggi, i tentativi, le spese altissime, le notti insonni, i pianti, le lunghe conversazioni al buio tra mamma e papà. A Tancredi vengono prescritte delle sedute di Vojta, una terapia che si basa sul principio della locomozione riflessa.

I genitori la imparano. La praticano ogni giorno. La mamma si piega sul tavolo, fa pressione su alcuni punti e obbliga il bambino a muovere braccia e gambe. L’amore cambia forma. Non è più “un sentimento semplice”. È “un rude dialogo, uno scambio complesso” di qualcos’altro.

Tancredi è un piccolo soldato valoroso che si sottopone a sforzi incredibili senza arrendersi. I miglioramenti sono tangibili e sbalorditivi. I genitori si rincuorano. Ma non basta. Antonio non si ferma. A Gennaio prende contatto con la dottoressa Mancìas Guerra, ematologa che ha studiato una terapia con cellule staminali dall’altra parte del mondo. Tutta la famiglia vola in Messico. Lì viene effettuato il trapianto. Da questo momento ogni gesto minuscolo di Tancredi viene osservato, viene soppesato, assume un valore diverso e più grande.

E il bambino fa progressi inimmaginabili. Il 2 ottobre, appena prima di compiere un anno, ai genitori viene detto che si tratta di un autentico miracolo. Che Tancredi è un miracolo.

Tancredi è un miracolo perché oggi cammina senza sostegni, perché muove le braccia, sa nuotare, afferra gli oggetti, mangia da solo, è sempre curioso, è affettuoso, pronuncia poche parole ma comprende l’italiano e un po’ di spagnolo. Tancredi è un miracolo perché è spinto da una forza fuori dal comune. Una forza sorprendente nei neonati. Una forza che lo muove costantemente, che gli consente di non arrendersi, di non cedere, di non sentire gli urti delle cadute, di incantarsi davanti alla credenza dove sono conservate le tovaglie colorate, di godere dei profumi, di scrutare le pieghe delle cose. Tancredi è stato un miracolo fin da subito, come tutti i bambini. Ma Tancredi è un miracolo anche perché ha ispirato questo libro. Piccolo e potente.

Tancredi è una meraviglia.

Recensione di Viola Scotto di Santolo

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1 commento

Maricetta Gianfalla 17 Agosto 2023 - 21:10

Dopo lungo tempo leggo questa bellissima recensione. Voglio ringraziarla per le bellissime parole che ha dedicato al libro. Ne sono felice e orgogliosa. Scriverlo e condividere il percorso di Tancredi è stata un’esperienza di vita meravigliosa. Grazie

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