DANIELE LEI
Editore di Fuori la Voce
Ho deciso di aprire questo nuovo mensile di approfondimento perché mi è sempre piaciuto fare quello che mi dice il cuore. E perché ho sempre fatto le cose di pancia.
Mi sembra che sia l’unico modo per farle, in verità. Sono un emotivo. A detta degli altri un uomo sensibile. E anzi, confesso che realizzare imprese grandiose in nome del puro business non mi emoziona quanto il riuscire a fare qualcosa di sincero per gli altri, quanto il far brillare gli occhi alla gente, renderla felice, coinvolgere le persone nelle battaglie, creare squadre volte a superare ostacoli sempre più insidiosi.
Il mio scopo è sempre stato quello di creare, nel mio piccolo, una società migliore. Fatta di donne, uomini e giovani che non debbano ricorrere all’arma della difesa. Che sappiano chi sono e non temano di esserlo o di dimostrarlo. È un obiettivo ambizioso? Chissà. Sono sempre stato (anche) una persona ambiziosa.
E questa, sapete, è la più grande delle sfide a cui mi sono sottoposto.
Avevo già creato, insieme a Tania Busetto, stimato avvocato, amica preziosa e presidente dell’associazione “Fuori la Voce” questa realtà, che si occupa di fare eventi di sensibilizzazione sui temi del bullismo negli ambiti scolastici, cyberbullismo, violenza di genere in tutte le sue forme.
I nostri eventi hanno avuto sempre maggiore risonanza e poi, purtroppo, è arrivato lo stop.
Per qualche giorno siamo rimasti fermi a pensare. Ci siamo domandati se valesse la pena fermarsi del tutto oppure lanciarsi in qualche cosa di nuovo. Contro ogni previsione o ragionevole dubbio abbiamo scelto la seconda strada.
L’associazione “Fuori la Voce” non poteva bloccarsi. Così ho creato un team di giornalisti, grafici e creativi e ho coinvolto nel mio progetto due persone che stimo. Daniela Sala e Francesco Maria Zollo, imprenditori impegnati nel sociale come me e prima di me. Grazie a loro (o comunque grazie a una efficace sinergia tra imprenditori di settori differenti) questo mensile ha preso vita, ha cominciato a camminare con le sue gambe e adesso è tra le vostre mani. Un mensile che (ve ne accorgerete) è totalmente privo di inserzioni pubblicitarie.
Perché Fuori la Voce non vuole affatto essere un prodotto commerciale. Non vuole scalare le vendite. Non vuole vestire la casacca di un partito. È un giornale atipico. Apartitico. Diverso. Vuole semplicemente raccontare una storia. Ed è una storia che troppo spesso non ci viene raccontata dall’inizio.
Insomma, siamo perseguitati da titoli sensazionalistici oppure drammatici su casi sempre più scabrosi di bullismo o di violenza o peggio, di femminicidi.
Ma chi indaga che cosa succede prima? Chi racconta che cosa precede il dramma? Chi osserva da vicino il punto di vista deviato prima che diventi uno schianto? Ecco, noi vogliamo fare questo. Dare voce a qualcosa che grida in silenzio. A qualcosa che se ne sta al buio aspettando di essere ascoltato.
Troppo spesso gli episodi che andiamo a studiare e osservare nel dettaglio in queste pagine vengono accantonati, messi nell’angolo con una specie di fretta e di vergogna.
Ma non si può tenere per tutta la vita nascosto qualcosa che vuole farsi vedere. Conosco le regole del marketing e so che questo giornale, come l’associazione, seguirà delle linee piuttosto bizzarre.
Niente pubblicità, niente inserzioni, niente politica. Sembra una sfida ardita. Ma io sono sempre stato convinto che il marketing sia come un grande gioco da tavola di cultura e di emozioni, dove i calcoli c’entrano ben poco.
Io sono un uomo che crede nel coraggio dei sentimenti. E sono fiero di essere l’editore di questo giornale. Vi do il benvenuto tra queste pagine. Che possano essere anche la vostra voce.
Buona lettura.