Bellezza 4.0 e ansia da paragone

di Marta Mongiorgi
Bellezza 4.0 e ansia da paragone

Prima e dopo la cura dei filtri: ideali di bellezza sui social media

I social offrono a tutti la possibilità di esprimersi, rendono libere le persone di condividere contenuti, idee, opinioni, dovrebbero aiutarci ad ampliare i nostri orizzonti mentali e a praticare l’arte di dialogo e confronto su larga scala, cosa impensabile solo fino a pochi anni fa. Senza dubbio, per arrivare a cogliere questa immensa opportunità con la necessaria consapevolezza ci vorrà tempo e tanta formazione per tutti. Ad oggi, infatti, tutto ciò può anche procurarci alcuni disagi.

Uno dei talloni d’Achille rilevabile attualmente nella comunicazione digitale è il nutrimento di un concetto di uniformità nell’aspetto e di canoni prestabiliti di bellezza, basati spesso su immagini ritoccate e fasulle. I contenuti visivi social hanno un’incidenza del 40% sugli adolescenti e del 22% sugli adulti, che si sentono influenzati nella percezione del proprio aspetto, con conseguenze psicologiche e sulla cura di sé.

I canoni di bellezza ideale e la loro lenta evoluzione sono ampiamente documentati dalla storia dell’arte, dalla comunicazione, dalla storia della moda e della pubblicità. Questi canoni, a partire dai greci, dettavano legge per decenni, mentre oggi cambiano continuamente in base ai trend del web. Fino a pochi anni fa ci si confrontava con pochi amici, con le immagini stampate, la televisione… differentemente nella realtà odierna ci si imbatte ogni giorno in migliaia di immagini, contatti, personaggi famosi. Oggi stiamo quindi vivendo la tendenza al paragone continuo con i modelli proposti da media e social e si è innescata una dinamica di giudizio costante, a volte spietato, nei confronti di noi stessi e degli altri.

Social e ansia da paragone

Con i social network siamo attivi e protagonisti, quindi più soggetti al continuo confronto con gli altri, oltre che a valutazioni, critiche e giudizi.

Il bisogno di paragonarsi agli altri non nasce con i media né con i social network, ma di certo le migliaia di immagini che ci investono ogni giorno navigando, ne amplificano l’effetto meno positivo. Le narrazioni che vediamo sulle piattaforme digitali possono creare disagio, in particolare negli adolescenti, ma non solo. I canoni estetici, che ci offrono spesso i feed che spulciamo online, sono spesso inarrivabili e questo ci può far sentire inadeguati e mai all’altezza.

Ma i visi perfetti che vediamo pubblicati, e che ci fanno spesso sentire inadeguati, sono reali?

Bellezza 4.0 e ansia da paragone

Selfie e ritocchi

L’utilizzo spasmodico dei social network ha cambiato la percezione dell’aspetto esteriore, nostro e degli altri, ed è sicuramente molto cambiato da quando il selfie è diventato così importante nella nostra quotidianità.

I “filtri di bellezza” contribuiscono ad alimentare l’idea che non sia accettabile mostrarsi imperfetti e quindi per come in verità si è.

Avete mai provato a fare una ricerca, scrivendo “App rimozione difetti”? Provate, rimarrete stupiti dalla vastità dell’offerta.

Il selfie si è lentamente trasformato in un nuovo parametro di valutazione del nostro aspetto e una buona parte delle persone si sta gradualmente uniformando a canoni estetici che non le appartengono.

Se quindi l’essere umano ha già timore della diversità, dell’imperfezione, del giudizio, in cosa può sfociare questo trend?

Un segnale forte arriva dal Parlamento Norvegese, che ha deciso di tutelare il concetto di accettazione delle proprie caratteristiche, restituendo valore al concetto di autenticità e unicità, con una nuova legge passata a luglio 2021 e che entrerà in vigore dal 2022, che obbligherà a indicare con un logo apposito, immagini, video, pubblicità ritoccati.

Uno dei disagi in forte incremento, dovuto a queste dinamiche è la Snapchat Dysmorphia. Nel 2018, il medico chirurgo estetico britannico che ha coniato questo termine racconta: “Chiedono sempre più spesso un intervento chirurgico che li renda simili a  uno scatto di loro stessi, modificato dai filtri Snapchat. Vengono da me e mi mostrano il cellulare. Non dicono ‘non mi piace il mio naso’, ma ‘non mi piace come viene il mio naso in foto’. È una tendenza che prima non esisteva“.

Questo termine deriva da “Dismorfofobia”, o Disturbo da Dismorfismo Corporeo, un disturbo mentale precedente all’avvento dei social, che si traduce nella costante preoccupazione per alcuni ipotetici difetti fisici, che il paziente vive con grave disagio. Circa il 2,5% della popolazione mondiale è affetta da questa patologia, e soltanto in Italia circa 500.000 persone ne soffrono, in particolare i giovani.

“Sensazione soggettiva di deformità o di difetto fisico, per la quale il paziente ritiene di essere notato dagli altri, nonostante il suo aspetto rientri nei limiti della norma”

Definizione di dismorfofobia di Enrico Morselli, medico e psichiatra italiano

Body monitoring

Il body monitoring è l’instancabile monitoraggio del proprio aspetto, che può arrivare fino all’ossessione. Secondo alcune ricerche una donna in media controlla il suo aspetto ogni trenta secondi, ma anche gli uomini, seppur in percentuale minore ne sono vittime. Tradotto è l’idea che tutti coloro con cui entriamo in contatto siano concentrati su quelli che noi riteniamo essere i nostri difetti estetici.

Anche il body monitoring non nasce sui social, ma il mondo web va sicuramente a nutrire questa tipologia di problematiche, a maggior ragione in questo ultimo anno, dove studio, lavoro, e socializzazione avvenivano tramite videochiamate, durante le quali il continuo monitoraggio del proprio aspetto è spesso inevitabile.

Bellezza 4.0 e ansia da paragone

Body Positivity

Risulta quindi difficile pensare che i social media non abbiano modificato il nostro modo di percepire l’aspetto esteriore, dove spesso si nota appiattimento e uniformità delle diversità, anziché valorizzazione delle stesse. Come risposta a questa tendenza, nasceva spontaneamente oltre dieci anni fa il movimento Body Positive, composto da persone che divulgano messaggi di accettazione del proprio aspetto, delle proprie unicità, difetti compresi.

Amati per come sei” è il messaggio che viene veicolato dalle immagini con l’hashtag #bodypositivity, che è stato creato per promuovere un’idea di fascino scollegata da canoni predefiniti e imposti dai media.

Consigli per contribuire al cambiamento

  1. Divulgare messaggi di autenticità, evitando di farsi coinvolgere dal trend della perfezione, e dichiarare se i contenuti visivi sono ritoccati.

  2. Condividere contenuti che invitino al confronto, al dialogo, all’ampliamento degli orizzonti mentali, dove i punti di vista e l ’unicità di ognuno di noi possano essere valorizzati.
  3. Seguire pagine e personaggi che alimentano un’idea di genuinità, di valorizzazione della diversità, e non di perfezione, per evitare di essere bombardati continuamente da contenuti che inconsciamente ci destabilizzano, perché fanno scattare automaticamente il paragone.

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