L’era NON sociale. Ragazzi e le dipendenze da social

di Maria Olga Tartaglia
popolarità sui social solitudine nella vita reale | Fuori la Voce

Una rete social molto vasta ma nessun amico all'interno della propria quotidianità

È questo quello che molti di noi stanno vivendo in questo momento.  L’era digitale ci ha connesso in modo virtuale ma sconnesso nella nostra quotidianità. I canali social ci hanno permesso di ritrovare amicizie di vecchia data.  Ex che credevamo essere morti, i compagni del liceo, i colleghi dell’ azienda in cui abbiamo lavorato tanto tempo fa, i compagni del calcetto… Tutte persone che ci hanno concesso di allungare la nostra lista Facebook e Instagram di circa 1000/2000 utenti.

La nostra rete social si allunga ma quella reale si accorcia. Cinquecento auguri che arrivano in bacheca il giorno del compleanno solo perché facebook lo ricorda come notifica. Se non ci fosse lui la lista degli auguri si ridurrebbe di molto. Al massimo ci scrivono i parenti più prossimi,  sempre se nonna si ricorda di scriverlo sul calendario.

Perché la dura realtà è che di questa vasta comunità social ne frequentiamo si e no 5 nella vita reale, se siamo fortunati. Secondo le ultime ricerche il 50% degli Italiani non ha amici. Significa che tra i 1500 e 2000 amici di Facebook, molti non riescono a trovarne nemmeno uno per prendere un caffè al bar sotto casa.

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Ma come siamo arrivati a questo? 

L’uomo che è sempre stato un animale sociale, forse nell’era virtuale non lo è così tanto? Sicuramente l’era del Covid ci ha cambiato. Se prima eravamo abituati alle tavolate lunghe piene di amici e parenti, adesso se siamo più di quattro ci viene la paranoia. Ma è un fenomeno che esiste ben prima del Covid e che colpisce molto spesso gli adolescenti.

Parliamone con l’esperta la Dottoressa Rosalba Trabalzini Psichiatra, Psicologo, Psicoterapeuta cognitivista ed Infermiere psichiatrico. Una vita completamente dedicata al disagio mentale, per comprenderne le motivazioni  e capirne la risoluzione. 

Dottoressa come spiega il fatto che il 50% degli italiani è solo? Perché questa parte sceglie di coltivare le proprie amicizie nei social e non nella realtà?

Tutti sono convinti che i social  abbiano allargato la nostra rete di conoscenze, in realtà è l’opposto. Ci chiudiamo dentro ad una stanza con l’illusione di far parte di una rete di amicizie solida, una comunità, ma non è assolutamente così! In realtà all’interno della nostra rete social ci sono persone che neanche abbiamo mai visto, magari le abbiamo accettate solo perché ci hanno chiesto l’amicizia.

Molti adolescenti ad esempio credono di avere una vasta rete di amicizie, solo perché hanno un grosso seguito sui social. Ma in realtà sono chiusi da soli dentro la propria stanza. Si chiudono ai rapporti sociali veri, e spesso si rifiutano anche di andare a scuola perché si scontrano con il mondo reale nel quale non si riconoscono. Si sentono confortati dalla propria illusione, opponendosi ai genitori che magari cercano di intervenire per svegliarli dal proprio torpore social, ma senza ottenere grandi risultati”.

Questo fenomeno colpisce più gli adulti o gli adolescenti?

Sicuramente gli adolescenti, specie quelli che rimangono spesso soli in casa perché i genitori lavorano tutto il giorno. Ragazzi che hanno difficoltà a scuola, che non riescono a socializzare con i propri compagni, e allora preferiscono rinchiudersi in questo mondo virtuale che li fa sentire protetti. 

Quello che è nato per connettere le persone in realtà è un boomerang che ci torna contro”.

Questo fenomeno è stato aggravato dai social o era presente ben prima?

Era presente prima ma è stato aggravato dalla pandemia che ci ha costretto a una totale chiusura nei confronti dei rapporti sociali. 

Con la pandemia anche la sfera degli adulti è stata colpita dalla solitudine!  Alcuni prima delle chiusure coltivavano una rete di amicizie che poi non hanno più ripreso, preferendo il mondo dei social”. 

Lei come lo spiega questo cambio di rotta? 

Molti sono stati presi dalla depressione. Il fatto di interrompere così bruscamente i rapporti sociali, le proprie abitudini…, ha creato una paura che ha portato molte persone a una chiusura. Per cui molti preferiscono uscire solo per andare a lavorare, evitando le occasioni di piacere. 

Più siamo soli più ci fidiamo meno delle persone. Questo porta a una depressione reattiva. Evitando i rapporti sociali noi andiamo contro natura perché l’umano è un animale sociale”.

Cosa porterà questa mancanza di socialità nel futuro?

Se questa solitudine permane può portarci a una deficienza cognitiva, perché chiudiamo la nostra curiosità al mondo. Una mancanza di conoscenza  che porta alla regressione

Il linguaggio analogico delle faccine ad esempio non consente di sviluppare il linguaggio verbale, perché ci porta ad usare un linguaggio molto semplice, quasi elementare.

Questi due anni della pandemia hanno creato un buco nero negli adolescenti. I loro anni più belli sono venuti meno con le limitazioni e nel futuro saranno ben evidenti le conseguenze del loro malcontento. 

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Una regressione dal punto di vista della conoscenza, dell’affettività, dei rapporti sociali. Un gap negativo che non sarà facile da recuperare. La loro crescita ha subito un’assestamento.  Sono quelli che stanno pagando di più perché l’adolescenza corre veloce e nessuno potrà restituirgliela”.  

Cosa possiamo fare per migliorare la situazione attuale nel nostro piccolo?

Incontratevi e guardatevi negli occhi, perché lo sguardo vale più delle parole. Odoratevi perché nell’olfatto noi ci riconosciamo e ci regaliamo delle sensazioni. Scegliamo  gli amici di cui ci fidiamo e incontriamoci il più possibile. Perché solo con il contatto umano noi ci salveremo! Continuate con i social perché sicuramente fa parte delle modernità, ma limitateli e date spazio all’amicizia quella vera!”.

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