Dal lutto ..alla gentilezza per risvegliarsi

di Micaela Faggiani

Dal suicidio di una compagna di classe ad un progetto di resilienza e gentilezza. L'Istituto Belzoni racconta il suo percorso con i ragazzi e la morte

1 Maggio 2021.  Una 14enne studentessa dell’Istituto Tecnico Tecnologico Belzoni di Padova si toglie  la vita. Il Preside e i compagni di classe vengono a sapere della notizia da una mail dal padre. Nessuno poteva pensare che dietro quel banco vuoto ci fosse una tragedia del genere.

La scuola si attiva subito per dare un aiuto ai ragazzi, agli insegnanti e a tutte le famiglie  chiedendo aiuto ad una psicologa. 

Nasce da qui “Wake me up..con gentilezza”, progetto che l’istituto tecnico padovano ha sposato e sul quale ha investito inizialmente solo per la classe coinvolta poi per tutta la scuola, di ogni ordine e grado.

Ha dato voce e spazio ad un team fatto di psicologhe, psicoterapeute e counselor che da tempo collaborano su tematiche relative al lutto, ma anche al potenziamento delle risorse e capacità relazionali personali.

A raccontare questo percorso sono propri i ragazzi, oggi rappresentanti anche di istituto, come Davide Vinci, compagno della ragazzina che si è tolta la vita e quindi coinvolto in prima persona.

È partito tutto dalla mia classe dopo il tragico evento, alla fine dello scorso anno . E’ stato attivato questo percorso per la mia classe e l’anno dopo si è espanso alle altri classi. Sono stati inizialmente più incontri settimanali da due ore ed è stato un percorso che ha unito molto la classe, sia nell’elaborazione del lutto, sia proprio come unione tra persone e compagni.”

Partito nell’anno scolastico in corso anche per il biennio, il percorso è stato allargato successivamente anche al triennio, tanto che in totale vi hanno aderito 18 classi su 20.

Da questo percorso – continua Davide –  mi porto a casa di personale la capacità di fermarsi e pensare e non agire in maniera irrazionale, il sapere cosa possiamo fare con le cose che abbiamo. Dal punto di vista sociale invece la capacità di aiutare gli altri senza che gli altri chiedano un aiuto, rimanendo ognuno nella propria sfera personale, senza farsi travolgere troppo dalle situazioni altrui”

Tutor di resilienza

Filippo Basso, studente di quinta e rappresentante di istituto, ci parla di come il progetto sia stato promosso proprio dal basso, dagli stessi ragazzi.

Assieme agli altri rappresentanti di istituto siamo fermamente convinti sia opportuno andare a prevenire, per evitare altre tragedie simili. A me per esempio è stato molto utile personalmente come introspezione, mi ha dato risposte ai vari quesiti che possono essere posti lungo il cammino della nostra vita per trovare una risposta in noi stessi.

Ecco perché oggi voglio invitare tutti i presidi e tutti gli istituti padovani a implementare questo progetto, a farlo entrare nelle classi e in ogni scuola, perchè  aiuta a lavorare su sé stessi ed è importante anche per materie come l’educazione civica. Poi devo dire che ha significato per noi creare legame forte come classe e come compagni, soprattutto dopo gli anni bui di covid.

Ricordo in particolare un episodio dove in classe ognuno doveva dire cosa pensava dell’alunno che seguiva e di quello che lo precedeva. Questo ha legato molto la classe”

Il percorso è stato importante per i ragazzi – continua Walter Bellucco,insegnante di diritto ed economia dell’Istituto – per elaborare un lutto di quel genere e per istituzionalizzare per tutti gli studenti un percorso di approfondimento e conoscenza di sé, delle relazioni interpersonali e di crescita.

E’ ovviamente stato suddiviso per anni di corsi ,con tematiche diverse,  introducendolo nel curriculo di educazione civica, attraverso il quale sono state inserite nel percorso scolastico curriculare tematiche come empatia, gentilezza, cura delle relazioni interpersonali.

I ragazzi hanno lavorato sulla costruzione di relazioni valide, rapporti consolidati, studio di sé stessi e delle proprie paure, death education, educazione alla sofferenza.

E’ stato decisamente un bilancio positivo,  ora ritareremo e miglioreremo il percorso, che è stato arricchente non solo per i ragazzi ma anche per noi docenti, che abbiamo avuto la possibilità di vedere rifiorire i nostri ragazzi dopo due anni di pandemia, che hanno avuto un peso nella crescita di questa generazione”

resilienza | percorso istituto tecnico Belzoni

A parlare della crisi dei giovani in pandemia è Benedetta Bonato, psicologa e psicoterepeuta.

Abbiamo cercato di dare delle parole chiave ai ragazzi e insegnato loro a concentrarsi sulle loro forze e risorse.

Di fronte a noi avevamo ed esiste una situazione pesante che ci parla di un aumento esponenziale delle fatiche dei ragazzi, di un 50%  in più di tentativi di suicidio, di fenomeni quali l’autolesionismo, l’anoressia soprattutto nelle ragazze, ma anche ragazzi hanno spesso una depressione forte.

Eppure noi vediamo che loro hanno anche tanta forza e resilienza. Ed è stata proprio la resilienza una delle parole chiave , con questo percorso hanno trovato le loro forze per superare momenti di fatica, è servito a rimettere in pista e a dar loro fiducia e speranza e relazioni in un momento in cui avevano solo lo smartphone come mezzo, ma che ha prodotto una vicinanza non vera”

Un acero rosso piantato in mezzo al giardino della scuola sta a rappresentare questa fatica, questo percorso fatto, iniziato e in divenire.

Un acero voluto dai ragazzi e dalla scuola per ricordare quella compagna di classe che non c’è più e che ha rappresentato per tutti un  “accompagnamento nell’elaborazione del lutto, un segnale di vita che continua ed esserci e che ogni anno porterà  nuove cose e nuove opportunità – queste le parole di Anna Mason counselor e mediatore familiare.

Con i ragazzi abbiamo voluto creare un linguaggio comune che non avesse un unico interlocutore, ossia i ragazzi, ma anche chi si occupa di loro nella scuola. Abbiamo portato nei banchi la gentilezza, con considerazioni anche scientifiche ossia che la gentilezza fa bene anche a livello fisico e ci sono delle reazioni biochimiche a fare o ricevere o vedere atti di gentilezza. 

Una frase che ci ha accompagnato in tutto il percorso di quest’anno è stata cosa possiamo fare con quello che abbiamo, una frase che abbiamo attinto da Alex Zanardi e che abbiamo fatto nostra e che abbiamo portato ai ragazzi in ogni occasione”

Altre parole chiave del progetto sono state la comunicazione, l’empatia, l’ascolto, parole che sono state differenziate e approfondite in maniera diversa a seconda delle classi e delle età dei ragazzi.

“Per esempio nelle prime – spiega Lorenza Palazzo altra psicologa del team –  siamo stati più sull’accoglienza, sul creare il gruppo, mentre nelle quinte magari ci siamo soffermati di più sul dare lo slancio per il futuro, per le scelte.

Ai ragazzi è piaciuto molto l’aver separato questo progetto dalle lezioni ordinarie e che ci fosse qualcuno interessato ad ascoltare la loro opinione e che permettesse loro anche di conoscersi di più tra loro, di  avere proprio uno spazio di condivisione che normalmente diciamo nelle lezioni frontali un po’ manca”

il manifesto della comunicazione non ostile

Tornando alla parola resilienza Francesca Derme, psicologa e counselor insiste sulle risorse interne ai ragazzi, che sono state sottolineate ed allenate con il progetto.

Per esempio non abbiamo potuto trattare la morte nello stesso modo con tutti perché dipendeva molto dai singoli ragazzi, nel senso che non sapevamo nello specifico le esperienze di ciascuno e quindi questo ci ha portato ad affrontare il tema ribadendo ad ognuno di loro che potevano in qualche modo fermarsi, chiedere di sostare un attimo , stando attenti alla sensibilità di ognuno. C’è chi è riuscito approfondire di più questo discorso parlandone, chi invece scrivendo.

A chiudere e a tracciare un bilancio che guarda al futuro è la mediatrice familiare Anna Mason.

Da anni con Benedetta Bonato lavoriamo sulla gestione del lutto e ci siamo rese conto di quanto sia importante questa tematica e quanto sia soprattutto importante affrontarla con loro, che magari a primo acchito ci guardano un po’ strane, ma che poi assolutamente riescono a capire, a cogliere che si parla di vita. E’ uno strumento sicuramente che speriamo possa ampliarsi in tutti gli ambiti scolastici, noi siamo pronte ma lo sono soprattutto i ragazzi

Belzoni
Belzoni
belzoni

Articolo scritto da Micaela Faggiani ed Hellen Magagna

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