A 57 anni l’impossibile ricerca di un lavoro

di Alessia Da Canal

Prima l’acqua alta, poi il Covid.
Mauro, cameriere veneziano, non lavora da un anno e mezzo

“Io non posso a cinquantasette anni, con una certa professionalità, andare a lavorare a 3 euro l’ora. Li hanno offerti anche a me a Venezia. Diventa umiliante, ti ricattano, se vuoi è così, sennò quella è la porta. Vai all’ufficio del lavoro e ti dicono ‘Lei ha mai provato a cercare?‘. Devo aver lasciato una cosa come sessanta, settanta curriculum”.

Mauro fa il cameriere da una vita. Ha lavorato nei migliori ristoranti, servito pranzi e cene in occasione di feste private di gala con personaggi famosi spesso di casa a Venezia.

Dall’acqua altissima di novembre 2019 praticamente non lavora più. Racconta, disperato, la situazione di padre di famiglia senza lavoro, ma non ci mette le faccia, perché teme di non poter più lavorare, anche se quello che viene proposto oggi ha dell’incredibile. “Durante il Covid qualcuno si è fatto più ‘furbo’ – racconta – e invece di farti lavorare in nero ti fanno il contratto a chiamata.

E quindi se hai fatto dodici ore, ti danno cento euro e arrivederci e baci. C’è anche qua il caporalato… ci sono personaggi che provengono da altri paesi che offrono al ristoratore gruppi di lavoratori per tre-quattro euro all’ora, trattenendosi la percentuale”.

“A me dicono ‘Sei troppo vecchio, costi troppo – afferma il lavoratore, che aggiunge – Il Covid è diventato un’arma, secondo me, per far fuori determinata gente. Vogliono personale che costi poco, ragazzini di 20-22 anni a cui far fare una marea di ore e pagarli quanto vogliono loro.

Un albergo che prima veleggiava con sedici, diciassette persone, adesso mi dicono che ne abbia cinque/sei/sette, a seconda del fabbisogno. Quello che io e altri non capiamo è come fai a garantire gli stipendi se prima vendevi le camere a cinque-seicento euro e adesso le regali a quaranta, cinquanta…

Ormai è uno schifo, anche in altri settori – prosegue amareggiato Mauro – perché ti danno 150 euro al mese per lavorare in un’impresa di pulizie. Ma non fateci passare per quelli che non hanno voglia di lavorare!

Ho finito la disoccupazione, nell’anno scorso ho avuto duemila euro di reddito. I ristori arrivati sono andati per pagare le tasse universitarie dei miei figli, i computer e per adeguare la linea telefonica di casa. Non ho altri aiuti – conclude sconsolato – ho fatto domande all’INPS, girato a destra e sinistra.

Comincio a provare un senso di inutilità, mi sento di peso verso mia moglie e i miei figli. Sinceramente non so come andrà a finire”.

Come Mauro ce ne sono moltissimi, il settore dei lavoratori stagionali è stato uno tra i più duramente colpiti dalla pandemia. Anche Monia, stessa età, racconta: “Lavoro un mese sì e 11 no, se va bene… Ne ho sentite e me ne sono capitate di tutti i colori durante i colloqui, e anche nei lavoretti trovati, tanto da poter scrivere un libro. Ora sono a casa senza alcun ammortizzatore sociale, senza lavoro da luglio 2019. E non ho marito o genitori che possano aiutarmi a sopravvivere. Ho chiesto aiuto al Comune di residenza, ma mi è stato negato solo perché ho la casa di proprietà”.

Esattamente quello che si è sentito dire Mauro.
Aggiunge Rossella, un’altra donna in cerca di lavoro: “A 40 anni sì, forse sono vecchia, ma magari con esperienza e maturità. Sono una mamma e questo è un problema”.

La bomba sociale è dietro l’angolo, pronta a scoppiare quando sarà dato il via libera ai licenziamenti e allora le vittime indirette del Covid non si conteranno…

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