Ucraina sotto assedio. L’appello di Viacheslav

di Francesca Campanini

L'inzio dell'invasione

Nelle primissime ore della mattina, il 24 febbraio 2022, Vladimir Putin attacca l’Ucraina su larga scala. L’Occidente è shockato, i cittadini ucraini sono terrorizzati, i diplomatici europei discutono con gli USA le sanzioni da imporre. Gli aeroporti e le basi militari della capitale Kiev, di Charkiv, di Mariupol, di Dnipro, di Cherson, di Odessa e di Lutsk sono bombardati senza tregua. Le città sono sotto assedio, le truppe di terra avanzano da Est, da Donetsk e Lugansk che sono i territori riconosciuti come Repubbliche indipendenti dal governo russo il 21 febbraio, da nord, passando per la complice Bielorussia. Le forze armate russe arrivano anche da sud, via mare, verso Odessa e verso Mariupol come riporta l’inviato del Corriere della Sera Andrea Nicastro, che ha passato lì la notte, sotto il suono delle bombe.

La tragedia umanitaria

Credere alle parole di Putin, il quale sosteneva che l’operazione avrebbe avuto una “precisione chirurgica” e avrebbe preso di mira unicamente obiettivi militari, sarebbe stato non solo ingenuo, ma addirittura stupido. E infatti, come in ogni guerra, il disastro umanitario è già realtà crudele, l’aspetto più importante di cui dovremmo preoccuparci. Si iniziano a contare le morti dei civili. Quartieri residenziali sono stati danneggiati e corpi di innocenti giacciono nelle case distrutte e per le strade. Impossibile tenerne il conto nel mezzo del caos del conflitto. Migliaia di altre persone sono nascoste nei bunker, tentando di mettere in salvo la vita. Chernobyl è stata presa dai russi e il terrore di un disastro ambientale con effetti devastanti sulla salute degli abitanti della zona, che potrebbe essere provocato dal danneggiamento delle strutture radioattive lì presenti, è l’ennesima minaccia che incombe sulla popolazione ucraina.

Stamattina alle 8.00 le truppe russe erano a 30 km da Kiev, ieri avevano già preso l’aeroporto, la notte non aveva lasciato tempo sufficiente per entrare nella città, ma già si sapeva che era solo una questione di ore prima che la capitale capitolasse.

Alle 13.13, mentre scriviamo, l’esercito russo è dentro la capitale.

Gli aggiornamenti si susseguono di minuto in minuto. Ogni secondo, mentre qui scriviamo e leggiamo, uomini e donne muoiono in ogni angolo dell’Ucraina. Ogni minuto le testate giornalistiche che seguono in tempo reale gli avvenimenti, aggiungono la notizia di un altro bombardamento, di un altro avanzamento delle truppe russe di terra, di un altro appello da parte del presidente ucraino Zelensky che chiede all’Occidente di intervenire. Zelensky ha chiesto ieri al turco Erdogan il blocco degli Stretti dei Dardanelli e del Bosforo per impedire l’arrivo nel Mar Nero di navi in supporto della flotta russa, ha discusso con Macron l’istituzione di una no-fly zone sull’Ucraina, ha richiesto alla comunità internazionale l’esclusione della Russia dal sistema bancario Swift. Queste richieste sono ora prese in considerazione, l’accettazione della prima e della terza più probabile, della seconda poco realistica.

Questa la situazione, caotica, apocalittica e costantemente in tragica evoluzione in terra ucraina. Diversa invece è la condizione degli ucraini che si trovano in Italia, paralizzati, che sono costretti a vedere, con i loro occhi lucidi di lacrime, le immagini del loro paese attaccato, sotto assedio, dei loro connazionali morti o nascosti e terrorizzati. Il loro paese è devastato e lo sono anche loro, pur non essendo lì.

L'appello di Viacheslav

Viacheslav Yefymenko è un giovane cittadino ucraino che studia all’Università di Padova, che ha voluto lanciare un appello:

Vengo da Zaporizhzhia, una delle città sotto assalto in Ucraina, il grande centro industriale. Ora la mia città è attaccata dalle forze armate russe. Il nostro esercito potrà reagire, ma le persone moriranno: russi, ucraini, militari, civili…

Ho parlato con la mia famiglia, per il momento sono al sicuro, ma ora nessuno è più davvero al sicuro in Ucraina. Al sicuro per un giorno? Per due? Non lo so.

Onestamente, sono devastato, voglio solo andare in Ucraina e dare la mia vita per il mio paese.

Che ne so dei danni psicologici?! Non è così che funziona. Siamo tutti devastati. Sono in contatto ogni ora, ogni minuto con i miei amici e la mia famiglia. Le notizie che ricevo da loro… questi bombardamenti, queste uccisioni, queste morti, questa sofferenza…

Ma tutti siamo pronti, l’Ucraina ha la risposta, ogni ucraino può dare questa risposta: combatteremo per il nostro paese fino alla fine.

Quello che chiedo a tutti voi è, se potete, parlate di questa guerra! Dite la vostra per le strade, online, in tutti i modi. Ma dite la vostra! Sono sicuro che potete supportare il mio paese.

La rettrice dell’Università di Padova Daniela Mapelli risponde all’appello dei suoi studenti ucraini esprimendo solidarietà: 

Ancora una volta l’uso indiscriminato della forza sostituisce la ragione. La solidarietà dell’intera comunità accademica va agli 86 studenti e studentesse ucraini che frequentano la nostra Università. Ci stringiamo a loro in queste ore così drammatiche e incerte, che immaginiamo siano per loro fonte di grandissima preoccupazione. Libertà e pace sostituiscano al più presto azioni che, come hanno ribadito la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il presidente del consiglio europeo Charles Michel, rappresentano ‘atti illegali che violano il diritto internazionale’.

La solidarietà

Vlachieslav stanotte non ha dormito, “È stata una notte dura” sono le sue parole di stamattina, a un giorno dall’inizio dell’attacco. È drammatico dover constatare che questa sarà solo la prima delle “notti dure” per Vlachieslav, per milioni di cittadini in Ucraina, per milioni di ucraini che vivono in altri paesi e, in forma diversa, per i miliardi di europei che hanno gli occhi puntati su quello che sta succedendo nel cuore del loro continente, che da vent’anni avevano dimenticato cosa significasse avere una guerra su larga scala in casa propria e che ora sono costretti a ricordarlo. Hanno il dovere di portarne il peso insieme a chi ne subisce le conseguenze più devastanti, almeno con un gesto di solidarietà, con una parola di conforto per Vlachieslav e per tutti le persone che, come lui, si sentono irrimediabilmente devastate.

Noi ci sentiamo inutili e in un certo senso lo siamo, perché la guerra è l’unica cosa che ha il potere di annichilire l’uomo. Ma non esiste guerra senza speranza di pace, grazie a questo paradosso Vlachieslav riesce ancora a sperare, e noi con lui.

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