Afghanistan in caduta libera

di Redazione
Donne in Afghanistan | Fuori la Voce

L'atteggiamento della comunità internazionale mira a isolare i Talebani, ma nel mentre affama la popolazione. L'inverno è arrivato e si prevedono milioni di morti innocenti a causa di freddo e fame.

Senza una immediata assistenza internazionale la popolazione afghana affronterà la più grave crisi umanitaria della storia, la sta già fronteggiando. Come?  Disarmata. Inerme. Affamata. Stremata dall’inverno. Abbandonata da tutti: Europa, Stati Uniti e paesi confinanti, i pakistani che fanno quel che possono e quel che vogliono, i cinesi che non fanno niente perché niente vogliono fare.

Proviamo a sintetizzare quello che tutti sappiamo da un po’ e che Cecilia Sala e Daniele Raineri, inviati in Afghanistan nei giorni immediatamente successivi all’evacuazione degli occidentali, hanno ben raccontato a gennaio a all’evento “Una Montagna di libri”, a Cortina d’Ampezzo.

Il collasso dell’Afghanistan è avvenuto in modo fulmineo, sebbene tutti sapessero che da anni, almeno dagli accordi di Doha del febbraio 2020, era stato calendarizzato il ritiro delle truppe occidentali. La verità è che le operazioni di evacuazione sono state messe in pericolo perché l’amministrazione Biden non ha creduto a quanto i talebani avevano annunciato che avrebbero fatto. Ossia riprendersi Kabul senza cedere a nessun compromesso o spartizione del potere tra le varie anime di un paese, sempre frammentato, e di riportare in vita l’Emirato Islamico dell’Afghanistan, nel quale avrebbero comandato con la legge della sharia. Invece così è stato. Il ritiro precipitoso è stato solo l’inizio di un epilogo tragico: efficienti in modo spietato e brutale, i Talebani non hanno temuto l’unico spauracchio che l’occidente gli ha mostrato: quello delle sanzioni internazionali” – ci dice Raineri che, anche da giornalista embedded, conosce e racconta i conflitti e le loro cause.

Donne in Afghanistan | Fuori la Voce
Foto di Francesca Mannocchi
Donne in Afghanistan | Fuori la Voce
Foto di Francesca Mannocchi

Di fatto, machismo per machismo, sappiamo che anche le potenze occidentali hanno tenuto fede alla loro minaccia, congelando i fondi della Banca Centrale Afghana e interrompendo gli aiuti internazionali da cui l’economia afgana dipendeva per l’80%. Facile comprendere la portata della tragedia, se viene a mancare più della metà delle risorse economiche abituali ad un paese, questo non potrà che collassare. Questo sta succedendo sotto gli occhi distratti, ma non inconsapevoli, di un occidente ormai disinteressato, almeno nella sua opinione pubblica. Per settimane l’estate scorsa i telegiornali hanno aperto con servizi sull’Afghanistan, nel giro di pochi mesi il silenzio dell’informazione è pressoché totale

Oggi in Afghanistan le ragazze non possono più andare a scuola, le donne non possono più lavorare o fare sport, sono obbligate ad uscire di casa velate (burqa, niqab, o altra copertura totale, poco importa) e accompagnate da un parente maschio. Alle giovani donne afghane, cresciute nella fiducia di un mondo migliore e di una condizione femminile più progredita, dignitosa e autonoma rispetto a quella delle loro madri, è stato scippato il sogno con una violenza atroce” – gli fa eco Cecilia Sala, ancora in contatto con alcune delle donne che ha conosciuto e di cui percepisce l’indebolimento costante e la sofferenza. 

Donne in Afghanistan | violenza delle donne | Fuori la voce
Foto di Francesca Mannocchi

Altri inviati e giornalisti stranieri stanno in queste settimane riportando notizie drammatiche e cercando ascolto dai governi. Oggi in Afghanistan i giornalisti non possono più fare il loro lavoro, la stampa libera, semilibera o fintamente libera, non esiste più. Solo stampa di regime. Quelli che ancora sono rimasti, e che prima si erano distinti nel loro lavoro, sono oggetto sistematico di persecuzione e torture, tanto che se non sono già scappati, si danno alla macchia. 

Oggi in Afghanistan tutti i dipendenti statali di ospedali, ministeri e scuole, non ricevono lo stipendio dal mese di settembre.

Oggi in Afghanistan quasi tutte le associazioni benefiche straniere che prima operavano per dare aiuto alla popolazione locale sono sparite. Resiste solo una rappresentanza dell’UNHCR che fa quel che può, l’italiana Emergency e poco altro.

Oggi in Afghanistan è inverno, quello vero, come qui da noi, con il freddo la neve e tutto il resto, ma senza tutto quello che servirebbe per proteggere la popolazione: strade sicure per raggiungere i paesi di campagna, ospedali per prestare soccorso, cibo nei negozi e nei supermercati e non solo al mercato nero, per i più inarrivabile.

Stando alle stime del Congressional Progressive Caucus di Washington, ci saranno quest’anno più morti tra la popolazione civile di quanti non ce ne siano stati in vent’anni di guerra.

Oggi in Afghanistan più di un milione di bambini, un milione di bambini – no, non è una ripetizione involontaria (ndr) – è a rischio di morte” – ha dichiarato Martin Griffiths, UNRelief Chief in una recente conferenza stampa. Il che non significa che potrebbe succedere qualcosa di traumatico come ‘un meteorite, un terremoto, un incendio improvviso, no, basta che le cose continuino così, che nessuno continui a fare nulla, e il livello di denutrizione e di malattie non curate, il freddo, saranno, sono, la causa della morte di un milione di bambini. Non in dieci anni: in un inverno

In questi giorni a Kabul c’è la nostra collega italiana Francesca Mannocchi che condivide informazioni e materiale fotografico inequivocabile cui desideriamo dare eco con il nostro piccolo contributo. Sono immagini che parlano di paura, di tragedia umanitaria, di bambini in pericolo, di abbandono, di disperazione, di gelido inverno. Perché è necessario conoscere e intervenire.

Articolo Pamela Ferlin

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