Vulvodinia: il dolore invisibile delle donne

di Hellen Magagna

La storia di Arianna Trabalzini e la sua battaglia contro la Vulvodinia

Arianna Trabalzini ha deciso di dare voce a quella che è la sua storia… una storia che si basa su un dolore che, potremmo dire, voce non ha. Stiamo parlando della Vulvodinia, una sindrome invisibile che colpisce le donne e le persone afab in età fertile (20-40 anni), ma ci sono casi anche di vulvodinia precoce e in menopausa. 

Ci sono voluti diversi anni per Arianna, prima di scoprire di soffrire di questo disturbo. Ed è preoccupante che una donna su sette ne soffra, senza sapere di cosa si tratta. Questo perché è una sindrome, all’apparenza, invisibile che da però grandissimi problemi a livello uro-ginecologico

Questo cosa significa? 

I sintomi della Vulvodinia

I sintomi che le donne o persone afab riportano sono quelli di continue infiammazioni, infezioni, problemi al pavimento pelvico, scosse, spille, punture quasi. Quindi questi dolori arrivano in alcuni casi ad essere invalidanti e a complicare moltissimo il quotidiano delle donne.

Arianna, nello specifico, soffre di vestibolodinia. Si tratta – ci racconta Arianna – di un “dolore nell’area vestibolare che può essere spontaneo o provocato. Spontaneo quando non c’è correlazione nell’indossare l’intimo o con il rapporto sessuale, provocato quando invece c’è il contatto. Questo per farvi caprie quanto può essere a volte problematico indossare l’intimo”. 

 C’è poi la vulvodinia vera e propria che è più invalidante che si estende oltre il vestibolo; quindi, si va al di là delle labbra e del clitoride fino ad arrivare all’ano. A volte si ramifica nelle gambe dando dolori spontanei, senza stimolo e provocazione, e nei casi più gravi le donne non rispondo alle cure proposte. 

Ovviamente non devono per forza essere presenti tutti i sintomi per soffrire di questo disturbo, ne bastano alcuni.

La strada verso la diagnosi di Vulvodinia

Per Arianna la strada verso la diagnosi è stata parecchio lunga… ed è stato uno dei suoi più grandi ostacoli. E’ difficile trovare esperti che trattano questo disturbo. Arianna si è spostata a Roma da uno specialista e dopo un’ora e mezza nel suo studio ha ricevuto finalmente la diagnosi, e da lì non lo ha più abbandonato. Ad oggi sono due anni che sa di soffrire di vestibolodinia e di ipertono del pavimento pelvico

Nel mio caso la diagnosi è arrivata due anni fa, a luglio 2020. Quello che è stato ipotizzato è che il tutto sia partito con una contrattura del pavimento pelvico. Io ho fatto 14 anni di danza e il mio pavimento pelvico era ipertonico… era proprio questo il problema, perché andava a creare questa contrattura che era una sorta di barriera e rendeva impossibile talvolta la penetrazione durante i rapporti, se non difficoltosa. E in seguito scatenava sempre la cistite postcoitale. Dato che nessuno, dopo anni, era stato in grado di individuare tale contrattura, è andata a peggiorare. L’ipertono è diventato sempre più tonico, fino a premere sui nervi e a scatenare la neuropatia che è uno dei sintomi principali della vulvodinia, cioè i miei nervi impazziscono dando stimoli, spontanei o in maniera provocata. Si tratta di stimoli che mi danno bruciori, fastidi, infiammazioni, pruriti. La vulvodinia è propria cattiva da questo punto di vista nel senso che mi sembra di avere quasi una cistite e non la riconosci finché non fai delle analisi.

arianna trabalzini | vulvodinia

La diagnosi di vulvodinia è difficile perché si va per esclusione, bisogna tastare con mano tutte le problematiche, effettuare tutte le analisi, ascoltare la paziente e poi in un secondo momento fare lo swab test (test vulvodinia). Bisogna essere preparati per riconoscere questa sindrome.

Gli ostacoli durante il percorso

Come è stato detto prima, l’ostacolo più grande per Arianna sono stati i quattro anni di attesa dalla diagnosi e trovare uno specialista con cui parlare, ma soprattutto che fosse disposto ad ascoltarla veramente. 

Poi cambia, di conseguenza, un po’ l’approccio che si ha con il proprio corpo. “La diagnosi – ci spiega Arianna – è consapevolezza… sai contro cosa stai lottando… dai un nome finalmente al tuo male… non è più un cercare nel vuoto”

E poi i due cicli di fisioterapia.

arianna trabalzini | vulvodinia

Dopo la diagnosi vedi la luce ma parti comunque sconfortata, informandoti e iniziando a capire tutte le variabili che ci sono nel percorso di terapia, perché magari il tuo corpo non risponde ai farmaci, cosa che a me non è successa. Primo ciclo di fisioterapia mi è sparita la cistite, però appena ho iniziato ad essere incostante è ricomparsa. E nel secondo ciclo di fisioterapia sto incontrando più difficoltà, perché è un mettersi al confronto con se stesse e il proprio corpo, e con quella parte che è stata celata anche a livello culturale, non se ne parli. Con tutta la divulgazione che si sa facendo le persone si sconvolgono. Se io mi vergognassi tante altre persone alla fine soffrirebbero in silenzio, senza neanche sapere di potersi curare e trovare qualcuno che le ascolti e che sia in grado di guidarle in un percorso di cura.

Non bisogna abbattersi, bisogna provare ad andare avanti, perché le terapie ci sono. Bisogna capire qual è quella giusta e a quale risponde bene il proprio corpo. 

Attivismo e divulgazione

Arianna ha deciso di attivarsi in questa divulgazione in prima persona, raccontando e condividendo la sua storia, le sue esperienze e i suoi consigli. Cosa l’ha portata a questa scelta? 

La diagnosi, il fatto di iniziare la terapia, vedere che potevo stare bene e ho pensato all’Arianna di quattro anni fa… a quado avevo 18 anni… a quanto avrei voluto una guida e quanto mi sarebbe piaciuto per caso navigare sui social e trovare qualcuno che parlasse di questo problema… di non sentirmi sola.

Uno slogan che Arianna e le altre divulgatrici utilizzano sempre è che “La vulvodinia colpisce una donna su sette”, forse questo dato è anche sottostimato proprio perché molte non riescono nemmeno ad arrivare alla diagnosi.

camera dei deputati
arianna trabalzini | vulvodinia

Le terapie per curare la Vulvodinia

Esistono tantissime terapie per curare la vulvodinia

Si parte sempre da una terapia standard, questo anche perché bisogna vedere da paziente a paziente, da cosa è composta la vulvodinia nello specifico. Per questo è sempre importante il dialogo tra medico e paziente. 

Ciò su cui bisogna lavorare per bloccare è sicuramente la neuropatia, cioè i “nervi impazziti” e, ci spiega Arianna:

Per questo solitamente vengono usati i neuromodulatori, così chiamati adesso con il termine corretto perché spesso le pazienti alle visite vedono prescriversi gli antidepressivi. A noi persone con vulvodinia vengono prescritti in piccolissime dosi, perché si è visto che in microdosi funzionano molto meglio sul dolore neuropatico rispetto a dosi massicce. Adesso siamo lavorando a livello divulgativo anche per fare capire che non è più corretto chiamarli antidepressivi ma neuromodulatori. 

E se, come nel mio caso c’è l’ipertono del pavimento pelvico, io assumo anche un miorilassante; quindi, farmaci che possono essere presi sia oralmente che introdotti localmente. La contrattura al movimento pelvico è come una contrattura alla schiena quindi dobbiamo andare a lavorarci attraverso i farmaci, ma anche a livello di riabilitazione del pavimento pelvico, quindi con l’azione della fisioterapia che è essenziale. Lavorare a stretto contatto con la professionista è stato fondamentale in tutto perché mi ha fatto capire molte cose del mio corpo, come trattarlo e soprattutto di cose ha bisogno. 

Poi esistono anche terapie elettriche che sono: la radiofrequenza, la tens, la teca… e ci sono molti nuovi studi con infiltrazioni. Quindi la ricerca scientifica sta andando avanti, l’unico problema è che la vulvodinia richiede tantissimi studi e tempo. E le liste degli esperti raccolte dalle associazioni ne elencano pochi, e sono concentrati in Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio e stop.

Un disturbo che, prima di tutto, colpisce il corpo delle donne,  ma in un secondo momento anche dal punto di vista psicologico. Quindi durante un percorso di cura a livello fisico è utile affiancare un percorso psicologico, con chi sa trattare il dolore.

L'impatto della vulvodinia nella vita sociale, relazionale e affettiva

Una volta ricevuta la diagnosi, Arianna ha sempre cercato di mantenere un costante dialogo sia a livello sociale, che familiare e relazionale. Infatti, fin da subito Arianna ha condiviso con le amiche più strette ciò di cui soffriva e con i suoi familiari, soprattutto con il fratello minore. E da qui è nato anche il progetto social, cioè il voler condividere per poter dare una mano ad altre persone.

arianna trabalzini | vulvodinia
arianna trabalzini | vulvodinia

A livello relazione, ci racconta Arianna:

la mia relazione è la stessa da circa 9 anni, quindi il mio ragazzo ha visto tutte le fasi da quando ci sentivamo sbagliati in due, a quando cercavamo delle risposte. Arrivare alla conclusione e sapere di cosa si tratta ha migliorato il tutto. Poi iniziare la terapia ha giovato nel riuscire a farmi sentire una persona normale. Le terapie ci sono, funzionano. Nessuno dei partner è sbagliato e soprattutto se c’è un problema si può indagare a fondo. 

arianna trabalzini | vulvodinia

Arianna fa parte del Comitato di Vulvodinia e Neuropatia del pudendo, un attivismo puro che vede coinvolti/e pazienti, ma anche medici esperti che vogliono formare altre persone e soprattutto continuare la ricerca affinché sempre meno donne soffrano per anni e quindi abbattere il ritardo diagnostico. Ma soprattutto andare avanti nell’informazione, nella ricerca, nelle terapie e avere un riconoscimento dal punto di vista politico, perché le donne che soffrono di questo disturbo non rientrano nel Servizio Sanitario Nazionale.

 

vulvodinia e neuropatia del pudendo

Il Comitato – ci spiega Arianna – sta spingendo tantissimo per il riconoscimento e la proposta di legge è stata depositata sia alla Camera che al Senato. C’è stata appunto la conferenza i primi di maggio e incrociamo le dita. Quello che posso dire è di sostenerci con il minimo indispensabile… seguire la lotta dal punto di vista politico e fare il possibile anche con le azioni virtuali che ogni tanto organizziamo… perché siamo uno su sette e ci dobbiamo far sentire.

Arianna ha qualcosa da dirvi...

Se ti riconosci in quello che hai sentito, se riconosci questi sintomi in un familiare in una persona a te vicina, sappi che non sei sola, non sei solo. C’è stata una grossa movimentazione a livello divulgativo quindi informatevi, le associazioni con le liste di medici esperti sono state divulgate e sono costantemente presenti sui profili di chi fa divulgazione. È un dolore invisibile ma noi stiamo cercando di dargli una voce, proprio gridando a gran voce tutto quello che sentiamo, che abbiamo subito e sofferto. Io incoraggio all’informazione, alla ricerca e alla speranza perché alla fine alle giuste terapie si può arrivare e abbiamo testimonianze anche di donne che sono guarite. Quindi non sei non sei sola, non sei solo informati i sintomi se ti riconosci nei sintomi puoi assolutamente trovare il modo e la persona giusta che ti ascolti e ti conduca a traversi guidi attraverso il giusto percorso di terapia non sarà semplice però ce la facciamo… ce la puoi fare… siamo tutti insieme… uno su sette e forse anche di più”.

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