La casa delle farfalle

di Alessia Da Canal

A Portogruaro un centro all’avanguardia per trattare i disturbi del comportamento alimentare (DCA) amplificati dalla pandemia

“Ho appena salutato una ragazza che è stata con noi parecchio tempo. Ѐ arrivata qui che pesava poco più di 20 chili. Ora stiamo per dimetterla”. Ha un sorriso e una voce rassicurante il dottor Pierandrea Salvo, psichiatra psicoterapeuta che da oltre un decennio guida il Centro di Riferimento per la cura e la riabilitazione dei disturbi del comportamento alimentare e del peso di Portogruaro (VE), servizio che fa capo all’ULSS 4. Ci accompagna in una graziosa villetta che è stata trasformata in Comunità riabilitativa terapeutica protetta per adulti, nuova struttura che affianca la ben collaudata Casa delle Farfalle nata nel 1999, dedicata ai disturbi dell’alimentazione in età evolutiva o pediatrica

In passato riuscivo anche a passare molto tempo insieme ai giovani pazienti, a giocare con loro – racconta il direttore – ma i numeri sono cambiati, in questi anni abbiamo seguito più di 3000 persone, molte centinaia in Comunità protetta”. 

Va detto subito che queste sono strutture ancora rare in Italia, purtroppo. La Regione Veneto in questo senso ha istituito una rete di trattamento per i disturbi alimentari che prevede tutti i livelli di cura, dall’ambulatorio ai casi acuti, fino alle strutture di accoglienza. 

Come si arriva alla Comunità? 

Si arriva dopo aver tentato percorso ambulatoriale che non è andato a buon fine. Quando c’è un evento critico con ospedalizzazione si pensa a ricoveri riabilitativi di più o meno lunga durata per riprendere una vita normale”. 

Ma ci si può accedere anche da altre regioni? 

Per la maggior parte si tratta di pazienti provenienti da tutte le aziende sanitarie di Veneto e Friuli Venezia Giulia, essendo una struttura pubblica non prendiamo utenti che si presentano spontaneamente. Per dirla in breve se arriva qualcuno che ha realmente bisogno, facciamo in modo che prima vengano presi in carico dalla Ulss di appartenenza e ci rendiamo disponibili per il trattamento”. 

Tutto è cominciato dalla Casa delle Farfalle che accoglie i più giovani.  Ѐ questa l’età più difficile? 

Più tumultuosa, direi. Gli esordi dei disturbi alimentari sono sempre più precoci, dai 12 ai 14 anni e coinvolgono le bambine, soprattutto. I dati della regione confermano l’andamento nazionale, ovvero che il 90% dell’utenza è femminile. Anche se abbiamo dei ragazzi, non tantissimi, attualmente ricoverati nella nostra struttura. Rispetto ai disturbi alimentari siamo soliti pensare all’anoressia, in realtà sono tanti. Ad esempio il disturbo evitante classificato da pochi anni, che esordisce in età pediatrica e ha un’incidenza maschile molto elevata. 

Ma chi soffre di disturbi del Comportamento alimentare rischia anche la vita? 

“I disturbi dell’alimentazione sono tra le patologie psichiatriche con la più alta mortalità, sia per le conseguenze dirette, ma anche perché c’è chi decide di porre fine alla propria vita. Va anche detto che nei circuiti di trattamento ben condotti come questi della Regione Veneto, questi eventi sono estremamente rari. La qualità del trattamento cambia l’evoluzione della malattia”. 

Ѐ vero che la pandemia ha fatto aumentare questi disturbi?  

Più che altro abbiamo registrato calo drammatico degli afflussi. Le persone non venivano alle visite e quelle che non si curavano sono tornate da noi in condizioni più gravi”. 

Come vengono seguiti i pazienti in una struttura protetta? 

“Le attività sono molto articolate, dal punto di vista riabilitativo, ma anche ri-socializzante. Solo per fare un esempio, da due anni le pazienti trascorrono anche delle settimane al mare, in permanenza. Le aiutiamo ad esporsi in luoghi pubblici, a mangiare al ristorante insieme a noi. Poi abbiamo la pet-therapy, la piscina, varie uscite e tutta una serie di altre attività riabilitative strutturate, correlate ai disturbi dell’alimentazione, come il lavoro sull’immagine corporea, il ri-allenamento a mangiare, a riprendere un’alimentazione più normale, con le nostre dietiste e i nostri operatori. Imparano a fare la spesa, a preparare il cibo, talvolta anche insieme con le famiglie. Usiamo una tecnica non meccanica, progressiva, che lavora sui volumi dei cibi utilizzando non pesi, non grammature né calorie, ma con le quantità abituali. Se mi inviti a pranzo mi offri un piatto di…” 

Perché sembra normale riprendere a mangiare, ma non è così.  

“Ѐ doloroso e complesso, richiede molto tempo, a volte anche tappe cruente con l’utilizzo del sondino, poi l’utilizzo dei cibi più complessi. Ma abbiamo tutto il tempo di fare questa cosa, possiamo fare una riabilitazione lenta, progressiva, correlata alle reali capacità al momento del disturbo”. 

C’è qualche caso che le è rimasto nel cuore? 

“Più che ai singoli penso alle situazioni, al prolungato distacco dalla famiglia, dagli amici, al percorso scolastico che da noi continua a distanza, da anni. Penso agli esami, alle commissioni che vengono qui e che fanno gli esami in giardino. Una modalità ‘casereccia’, famigliare, per affrontare prove importanti. Penso anche agli adulti che combattono una malattia magari da venticinque anni, che ha preso loro la vita e per i quali bisogna fare un reinserimento anche sociale e lavorativo. Fortunatamente in tutto questo percorso possiamo anche contare sull’appoggio delle associazioni che collaborano con noi, qui c’è la Fenice Onlus creata da genitori di ex pazienti, che ha addirittura attivato una foresteria”.   

www.casafarfalle.wordpress.com

FENICE ONLUS

Fenice Onlus

Il nome non è un caso. La Fenice è un simbolo di rinascita e molte famiglie, grazie alla Casa delle Farfalle e al centro di Portogruaro sono tornate a vivere. Testimone ne è il presidente Stefano Bertomoro che ha deciso di restituire quanto gli è stato dato, ovvero il ritorno alla vita di sua figlia. 

Ѐ stata salvata per i capelli… Faceva la seconda al linguistico, giocava a tennis, era felice, radiosa, la migliore della classe. Poi improvvisamente ha deciso di non mangiare più. Mi ricordo le telefonate che faceva mia figlia alla sera, con mia moglie che piangeva e io che ascoltavo dietro la porta e non riuscivo a smettere di piangere… L’anoressia è una malattia che arriva come una sciabolata che ti gela il sangue e ti distrugge la famiglia. Se hai anche altri figli, li trascuri e questi soffrono. Anche i genitori sono vittime da aiutare in tutti i modi – sottolinea il presidente. Per questo abbiamo attivato dei gruppi di mutuo aiuto, sparsi in tutto il Veneto. I genitori dei figli ammalati possono piangere insieme, ascoltare altri che ne stanno uscendo, con una psicologa inviata dal Centro. Siamo anche riusciti ad aprire una foresteria con il contributo della Fondazione Segafredo Zanetti. Abbiamo persone ricoverate da tutta Italia e spesso i genitori si ‘mangiano’ la casa per seguire i propri figli. Stiamo anche per approntare un ristoro trimestrale per le famiglie che riportano a casa i figli. Ѐ una malattia, non è una moda, e stiamo lavorando anche per fare prevenzione nelle scuole e tra i medici di base. Insieme al coordinamento delle diciassette associazioni che operano in tutta Italia, abbiamo predisposto un libretto per aiutare anche i medici di base ad intercettare i campanelli d’allarme. La nostra, ad esempio, non aveva capito e indirizzando nostra figlia da un dietologo aveva peggiorato inconsapevolmente la situazione. Questa è una malattia complessa e va affrontata solo con un’equipe multidisciplinare. Noi lavoriamo perché ovunque ci sia questa possibilità. La luce dopo tanto dolore c’è. Oggi mia figlia sta bene, si è laureata alla triennale, ha il fidanzato ed è felice”.

www.feniceonlus.it

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