Fuori la voce con Elisa Tiberto. I disagi dell’identità corporea

di Hellen Magagna

Una realtà sempre più diffusa quella dei disturbi alimentari, in cui la rete diventa anoressica. Ma non è solo una questione di sé reale - sé ideale.

Grazie alla storia di Camilla a cui abbiamo dato voce, ho deciso di riflettere assieme alla dott.ssa Elisa Tiberto, Psicologa Clinica e di area Oncologica, sulle dimensioni che ruotano attorno a una persona che soffre e ha sofferto di disturbi alimentari.

 Il mese di marzo si celebra la Giornata nazionale del Fiocchetto lilla di sensibilizzazione sui disturbi alimentari, ma cosa intendiamo realmente quando parliamo di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione?

Io preferisco chiamarli disagi dell’identità corporea. – ci spiega la dott.ssa Elisa – Stiamo facendo riferimento a un’ampia gamma di manifestazioni cliniche che comprendono l’anoressia, la bulimia, il binge eating, l’obesità e che si caratterizzano per la tendenza a legare la stima di sé al proprio peso e forma corporea.

fiocchetto lilla | mese dei disturbi alimentari

Alcuni dati

È una realtà molto diffusa. In Italia, secondo i dati del Ministero della Salute, ci sono almeno tre milioni di giovani che manifestano questa tipologia di disagio e la maggior parte sono donne. Ad oggi i numeri stanno aumentando anche per quanto riguarda il genere maschile, circa il 4.1%. Rispetto all’anno precedente, c’è stato un incremento del 30% di nuove diagnosi e l’età media di insorgenza si sta sempre più abbassando, ragazzi e ragazze che hanno dai 13 ai 16 anni. Considerando il genere femminile, l’anoressia e la bulimia rappresentano la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali. 

Per la complessità di questi disagi è necessario dare vita a percorsi che prevedono l’interazione tra più specialisti che fanno riferimento all’area medica, psicologica, ma anche nutrizionale. Proprio perché è una realtà molto complessa che necessita di un’unione di forze e di competenze che interagiscono tra loro. 

L'involucro uniforme: il corpo

Diverse sono le ragioni che sottostanno a questi fenomeni e c’è un involucro uniforme che ricopre differenze profonde.

L’involucro uniforme è il corpo. I corpi si somigliano. La condotta alimentare ha un significato simbolico che va esplorato. Lo specialista è necessario che ascolti la storia della persona e riesca a osservare le peculiarità anche narrative, cioè come racconta la sua storia che caratterizzano quella persona.

disturbi alimentari | Elisa Tiberto con Fuori la Voce

Il corpo dunque è situato all’interno di un contesto socio culturale, familiare, educativo molto più ampio, che è ricco di significati che vanno esplorati insieme alla persona. Alcuni elementi comuni che emergono nelle persone possono essere: “legare la stima di sé e il valore che si attribuiscono al peso e alla forma corporea, l’insoddisfazione nei confronti del proprio peso e dell’immagine di sé. Tuttavia non è da legare solo alla forma corporea, anche perché se fosse così, una volta raggiunto il peso desiderato allora la persona si sentirebbe più soddisfatta. Il disagio si vede nel corpo, ma non sta solo nel corpo”. 

“Il corpo diventa il luogo in cui la persona esercita il proprio controllo e diventa oggetto di dominio. Quando queste persone si guardano allo specchio non si vedono… vedono il prodotto del controllo che stanno esercitando”. 

L'obiettivo non è togliere

Poi, come è stato per Camilla, il controllo è bene che assuma anche una valenza positiva. Non per forza deve essere eliminato dalla vita. L’obiettivo non è togliere. Anzi la chiave sta nell’imparare a gestirlo, sotto una chiave di vantaggiosa risorsa.

All’interno dei percorsi di supporto psicologico quali sono gli obiettivi da perseguire? 

Bisogna considerare le persone come individui che stanno agendo intenzionalmente. Uno degli obiettivi che ci possiamo porre è quello di mettere l’altro nelle condizioni di esercitare un ruolo attivo nel percorso che sta facendo. Poi, favorire delle occasioni relazionali sociali interattive. Fare sì che la persona abiti dei contesti e si accorga che si può stare insieme all’altro senza la necessità che ci sia un giudizio. Per cui sicuramente lavorare sulla rete e fare sì che degli anni di vita vengono vissuti. 

famiglia

Ampliare le narrazioni, fare sì che la persona possa raccontarsi anche in altri modi. Molto spesso accade che i contenuti siano circoscritti al cibo. È importante sostenere queste narrazioni altre perché non c’è solo quello, può accadere anche altro.

Una rete che diventa sempre più anoressica

Per chi soffre di disturbi alimentari il cibo diventa un problema che danneggia, oltre al corpo, anche la rete. Una rete che diventa anoressica, in quanto la tendenza è quella di isolarsi e rifiutare tutte quelle occasioni di incontro e confronto con l’altro.

Ad oggi, si interagisce anche nel mondo virtuale e di conseguenza si creano delle community. Queste realtà virtuali favoriscono le manifestazioni di questo disagio attraverso il confronto delle immagini e dei corpi che rappresentano i canoni di bellezza attuali

Può accadere che – ci spiega Elisa – da questa insoddisfazione si inneschino quelle condotte che fanno riferimento a un’alterazione delle abitudini alimentari, un’eccessiva attività fisica o controllo. Queste diventano delle strategie per modificare la forma del proprio corpo, con l’idea che avvicinarsi a dei canoni di bellezza possa poi facilitare la gestione delle interazioni con gli altri. 

Elisa Tiberto parla dei disturbi alimentari

Bisogna promuovere l'educazione

Anche qui, come per il controllo, la soluzione non è togliere lo strumento, ma educare proprio all’uso dello stesso. Un obiettivo che i professionisti devono porsi è quello di:

promuovere degli interventi all’interno di tutte le realtà, che coinvolgono la comunità al fine che si possano educare gli individui e le persone all’uso di questi strumenti. 

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