Migrazione e tratta di esseri umani: le dinamiche

di Francesca Campanini

La professoressa Paola Degani, dell'Università di Padova, spiega i meccanismi di fenomeni che violano i diritti, come la tratta di esseri umani e il grave sfruttamento

La professoressa Paola Degani, docente dell’Università di Padova e membro del Centro di Ateneo per i diritti umani “Antonio Papisca”, ci parla di tratta di esseri umani: un fenomeno complesso e mutevole, impossibile da esaurire attraverso le etichette che pur siamo abituati a utilizzare come strumenti di ricerca e contrasto a queste sistematiche violazioni dei diritti umani. “La tratta è sostanzialmente la costruzione in capo a una persona di un progetto di spostamento, che si realizza utilizzando mezzi abusanti, con la finalità del grave sfruttamento.” – e continua Paola Degani – “I contorni di questo fenomeno cambiano in continuazione, perché il fenomeno migratorio di per sé ha delle caratteristiche mutevoli. Questa mutevolezza è dettata dal fatto che la migrazione costituisce la risposta che centinaia di migliaia di persone danno ai bisogni fondamentali che li spingono a partire. Sono bisogni di natura umanitaria, di natura economica, di natura culturale, sono bisogni anche di aspirazione individuale e di gruppo… Sono sostanzialmente bisogni definiti dal tentativo di cercare di migliorare la propria condizione esistenziale, sia quando questa è dettata da condizioni di tipo politico che richiedono la fuga nell’immediatezza, pensiamo a una guerra, sia quando le condizioni ambientali o economiche di un determinato contesto rendono difficoltosa, per non dire impossibile, la costruzione di un progetto di vita e di valorizzazione dell’expertise e delle risorse di cui si è individualmente e socialmente dotati. Il mondo si è sempre ridefinito, riplasmato sui movimenti migratori, sull’ibridazione tra i popoli e le persone, è un fenomeno assolutamente fisiologico, è un fenomeno arricchente perché ci mette a confronto con soggetti che sono portatori di altre esperienze e perciò non dovrebbe essere guardato con gli occhi con cui oggi alcuni tendono a stigmatizzare il movimento dei migranti”.

C’è dunque un’intima connessione fra tratta e realtà delle migrazioni, seppur non si possano concepire questi due fenomeni come identici.

Spesso infatti la condizione di vulnerabilità prodotta dallo status di migrante aumenta le probabilità di finire in una condizione di asservimento, nonostante non fosse previsto nel progetto iniziale della partenza.

Migrazione e tratta di esseri umani: le dinamiche

Una persona può partire nell’ambito del processo dello smuggling, quindi acquistare un servizio illegale per raggiungere un paese: come se io andassi in un’agenzia turistica per comprare un pacchetto per un viaggio verso una destinazione.

Ma in realtà, siccome i movimenti migratori sono un grandissimo business criminale, a un certo punto la somma di denaro che io avevo immaginato mi potesse servire non mi basta più, non avendo altri soldi per pagare la continuazione del viaggio mi trovo in una condizione di

 grandissimo sfruttamento e mi indebito ulteriormente.” – precisa la professoressa Degani facendo riferimento a quello che in gergo viene chiamato “meccanismo del debito”.

Paola Degani specifica inoltre che  il fenomeno della tratta è in generale una movimentazione ai fini di sfruttamento che si può realizzare sia attraverso le migrazioni internazionali che all’interno dei confini del paese:  “Sulla scorta di queste situazioni può iniziare una serie di soprusi che sono qualificabili come grandissimo sfruttamento e che possono continuare, una volta arrivati nel paese di destinazione, in circostanze del tutto analoghe. Si può quindi anche essere trafficati all’interno del paese di arrivo. La tratta è una movimentazione che non necessariamente implica l’attraversamento della frontiera tra due paesi. Io potrei essere una migrante che si trova in Italia da cinque anni e a un certo punto incappare in una condizione economica individuale tale per cui, per esempio, mi viene detto che in un’altra città c’è un posto di lavoro per me, vengo portata lì e mi ritrovo in una condizione di riduzione in schiavitù.

La professoressa Degani prosegue nella descrizione delle condizioni di sfruttamento sottolineando che: “Una delle caratteristiche principali della condizione di sfruttamento è l’assenza di una consapevolezza adeguata di quello che gli sta accadendo e che gli accadrà nel futuro, perciò anche la narrazione della loro vicenda ha delle rappresentazioni e delle relazioni, dal punto di vista del riportare agli altri quello che si sta vivendo, non del tutto adeguate a rappresentare la verità. Molte persone non sanno per esempio fornire un indirizzo, non sanno dire i nomi delle persone con cui vivono, ma questo non è l’esito di una volontà di nascondere, è proprio perché non hanno la consapevolezza di tantissime circostanze della loro esistenza che noi diamo per scontate”.

Questo aspetto rende più complicata l’emersione delle situazioni di tratta e riduzione in schiavitù, perché rende più difficile anche per le vittime collaborare e fornire informazioni al sistema antitratta. Continua Degani: La tratta si vede se la si cerca, se la si osserva, altrimenti è di per sé un fenomeno che nasce del tutto occulto. In realtà questa cosa non è del tutto vera, si pensi al grande sfruttamento lavorativo, alla condizione dei braccianti, al caporalato… che sono forme di sfruttamento che si consumano alla luce del sole. Queste sono oggi le situazioni su cui si pone maggiore attenzione, perché è un fenomeno che sta emergendo con tutto il suo portato di gravità”. Per quanto riguarda l’organizzazione e gli interessi economici illeciti che stanno alla base della tratta e del grave sfruttamento, Paola Degani specifica: “Faccio un inciso fondamentale: le organizzazioni criminali, non sono come noi le immaginiamo, strutturate all’interno di livelli organizzati di chissà che tipo…  Sono spesso sodalizi criminali anche di natura familiare e molto più grezzi dal punto di vista della finezza, della condotta illecita”.

Ma chi è coinvolto principalmente in questi fenomeni? Chiediamo alla professoressa Degani se si può dire che le donne siano un target particolarmente colpito, magari in certi contesti di provenienza o per certe tipologie di sfruttamento, come quello sessuale…

Sì e no. Sì, perché sono state osservate di più, perché sulla prostituzione si esprimono forme di perbenismo e perché in realtà sul corpo delle donne, sempre e comunque, si giocano delle partite di controllo in generale delle donne non da poco. Per cui nella prostituzione – che preferirei chiamare lavoro sessuale, perché se dobbiamo parlare di grave sfruttamento non vedo perché parliamo di lavoro nell’agricoltura, nel badantato, nella cantieristica ecc… e non parliamo di lavoro sessuale – la situazione delle donne è stata ovviamente molto più osservata. – e prosegue la professoressa – Devo dire la verità, che quando si è cominciato a riflettere sul piano politico e giuridico su questo fenomeno le condizioni di sfruttamento delle donne erano davvero disumane. Direi che talvolta queste condizioni oggi è più facile rinvenirle nel grave sfruttamento lavorativo che nella prostituzione, con l’eccezione di alcuni target. Oggi queste situazioni si sono fortemente attenuate, ridimensionate dal punto di vista numerico. Questo non muta il quadro e la gravità del fenomeno, perché in realtà sono cambiate le modalità di costruzione della vulnerabilità delle persone.”

“Comunque, quello che mi preme far capire è che c’è una dimensione basata sul genere nell’osservazione del fenomeno delle situazioni di grave sfruttamento e in esse si riproducono i ruoli di quello che troviamo nello sviluppo della quotidianità, declinati dal punto di vista del genere. Ѐ chiaro che nelle circostanze della tratta e del gravissimo sfruttamento talune situazioni sono esacerbate, ma ciò non toglie che, secondo me, dovremmo preoccuparci a trecentosessanta gradi di guardare i profili delle persone vittimizzate, senza pensare che un target stia meglio o peggio di un altro. – continua Degani – Dico solo un dato, così capiamo quello che ci diciamo: negli anni trascorsi, quando si osservava con una certa attenzione la prostituzione cinese adulta che aveva delle caratteristiche abbastanza diverse dagli altri target, si notava che molto spesso le lavoratrici sessuali provenienti dalla Cina erano persone arrivate allo sfruttamento sessuale dopo aver passato lo sfruttamento lavorativo, in particolare nel lavoro della manifattura, e passavano al lavoro sessuale come una forma liberatoria dal precedente gravissimo sfruttamento che rendeva insopportabile la loro esistenza. La dimensione sessuale è una dimensione sicuramente specifica, perché mette in gioco la persona in una certa maniera, dobbiamo però osservare questa specificità distinguendo i particolari aspetti di afflizione dal punto di vista del corpo e della psiche da quella che è la rappresentazione e la narrazione che noi ne facciamo”.

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