Il carcere è utile? Risponde chi lo vive ogni giorno

di Redazione

Il nostro reportage sul carcere inizia e finisce con questa domanda “esistenziale” sulla detenzione

Claudio Mazzeo, Direttore del Carcere Due Palazzi di Padova

“Allo Stato è utile, ma deve essere l’estrema ratio e deve essere dato più spazio a misure alternative. Il perdono? È una scelta etica, noi qui non usiamo il perdono ma la revisione critica del percorso criminale in favore della risocializzazione”. 

 

Giuliano Napoli, Detenuto

“La risposta è sì, perché io non mi sarei fermato finchè non sarei finito in carcere. Ma bisogna anche vedere, perché per qualcuno è utile e per altri no. Qui dentro ci sono per esempio ragazzi giovani con problemi di tossicodipendenza, io li vivo tutti i giorni perché vivo nelle sessioni comuni. È difficile poter pensare che questo sia il posto giusto per loro”.

 

Domenico Vullo, Detenuto 

“No, non è utile, io non ho scelto di mia volontà di fare trent’anni in carcere. Purtroppo ci dobbiamo convivere fino a che non finiamo la pena. 

Il carcere se è rieducativo come qui a Padova va bene, ma quando il carcere non ti dà niente peggiora solo la situazione. Già c’è lo stress di dover stare in carcere, in più se uno non fa niente quello aumenta e gli effetti non sono positivi”.

 

Tatiana Mario, Volontaria al Due Palazzi 

“È utile quando si innescano processi rieducativi efficaci, quando le istituzioni funzionano e non diventano farraginose nei cavilli burocratici, quando al centro c’è la persona, non un numero di matricola o il reato.

Anche per chi ha l’ergastolo è fondamentale inserire queste persone in percorsi di rieducazione attraverso la cultura, lo studio perché la criminalità nasce in contesti poverissimi. Queste persone spesso delinquono  perché non hanno ricevuto altro dalle loro famiglie o dal contesto dove sono cresciuti. È compito della società restituire quello che non abbiamo dato loro prima”.

 

Evelina Cataldo, Funzionario giuridico pedagogico Due Palazzi 

Il carcere è utile nella misura in cui la comunità sostiene il reinserimento sociale dei detenuti. Se invece confiniamo tutto alla casa di reclusione abbiamo già perso la scommessa. 

Noi tentiamo di aiutare e supportare il detenuto nella sua scelta di un percorso rieducativo, ma sono poi i cittadini, le cooperative sociali, i datori di lavoro a dover andare oltre il pregiudizio per poter dare a queste persone una nuova chance”.

 

Cinzia Sattin, Funzionario giuridico pedagogico

“Il carcere è necessario ancora, nella mia esperienza è stato utile per molte esistenze. Certo, noi operatori siamo limitati dalle risorse che abbiamo, siamo sempre la metà di quelli che dovremmo essere, siamo limitati da tempi, spazi, decisioni superiori. Si fa sempre tanta fatica. Ma alla sera poi vai a casa e ti dici ‘quello che potevo fare l’ho fatto’. Io lavoro con persone e non per persone. E questo lavoro, nonostante il luogo di sofferenza, oltre ad appassionarti ti gratifica e ti restituisce la sensazione di dare un senso al tuo essere qui”.

 

A cura di Micaela Faggiani e Francesca Campanini

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