Siamo i ragazzi del Sud che non riescono a rimanere giù

di Maria Olga Tartaglia

È il grande dilemma italiano.
Il Sud da ripopolare e il lavoro che manca.

Terra dalle bellezze inestimabili, terra rossa prodigiosa che dà vita a una materia prima eccezionale. Mare che irrompe nelle strade, negli animi, negli sguardi… Sole che scalda con prepotenza le giornate, alleviando le brutture contemporanee.  Meta ambita nelle vacanze di un’Italia che spesso tende a metterla da parte, per poi farsi riconquistare dalla cristallina acqua salata che purifica il corpo dagli inverni difficili appena passati. 

I ragazzi del Sud con sogni troppo grandi, costretti a lasciare l’amata terra per concretizzarli e non lasciarli infrangere. Perché il Sud è dannatamente bello ma vergognosamente precario

Una precarietà che ti costringe a lasciarlo anche quando senti che non riesci a farlo. Una precarietà che ti porta ad affermarti in diverse città del nord o estere, riuscendo a realizzare almeno in parte quello per cui hai studiato. Soddisfatto della tua vita lavorativa ma costantemente nostalgico del tuo posto a tavola vuoto, dei compleanni persi, i matrimoni a cui non c’eri e il continuo senso di colpa nel non riuscire a usare la tua professionalità per migliorare il posto in cui sei nato

Perché, signori, è facile dire ‘voglio rimanere al Sud’ ma la domanda è: ‘me lo consentiranno?’. 

La storia è piena di ragazzi che hanno viaggiato in lungo e largo e poi sono tornati a casa per provarci, ma ahimè non ce l’hanno fatta! Come quel ragazzo laureatosi in agraria a Bologna che è tornato a casa nella provincia di Foggia, per aprire la sua azienda agricola con i fondi europei destinati all’agricoltura e allo sviluppo rurale. Fondi rimasti bloccati a causa delle beghe burocratiche tipiche italiane e mai distribuiti, tanto che quel ragazzo ha dovuto tornarsene a Bologna. 

Esistono casi positivi di aziende che sono riuscite a imporsi nel mercato estero, ma purtroppo sono casi sporadici che non riescono a creare l’occupazione necessaria per far ripartire il Sud.

Per questo sono più i giovani che scelgono di andare via, perché essere disoccupati non è una cosa grave, ma fa male e non ti consente di realizzarti e di essere libero nelle tue scelte di vita. Andare o restare è una scelta personale e non c’è una risposta giusta o sbagliata, ma sicuramente è una scelta sacrificata. In ballo ci sono motivazioni personali ed emozionali. 

Chi non vuole sacrificare i propri studi e sceglie di stare lontano dai propri affetti, pensando che prima o poi ti abitui a stare lontano da casa. E invece non ci riesci mai. E chi decide che lontano dagli affetti proprio non ci sa stare e ripone la propria laurea conseguita con ottimi voti presso università prestigiose nel cassetto, accontentandosi di quello che verrà.

Ci chiediamo come sarebbe l’Italia se le istituzioni non avessero sacrificato il Sud, se invece di costringere i meridionali a fuggire dalla propria terra avessero creato delle politiche mirate per farlo crescere. Perché la verità nuda e cruda è che al Sud non si dà l’opportunità di crescere!

Le Ferrovie dello Stato corrono al Centro Nord e difficilmente al Sud, le autostrade italiane non rendono raggiungibile il Sud in maniera veloce e anche gli aeroporti… tanti al Nord e pochissimi al Sud. Tutto concorre a rendere difficile il collegamento di intere subregioni come il Salento, ma anche la Basilicata, la Calabria, la Sicilia.  

Cosa sarebbe l’Italia se si fosse comportata equamente senza sprecare le preziose risorse del Sud?  Nel nostro intimo sentiamo di essere parte di un’Italia che ci contiene ma al tempo stesso ci sentiamo diversi. Diversamente italiani

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