I sogni in valigia

di Alessia Da Canal

All’estero con un biglietto di sola andata
“L’Italia regala persone formate e non fa nulla per convincerle a tornare”
Il fenomeno analizzato dal sociologo Giuseppe Alessandro Veltri

Sempre più giovani lasciano l’Italia per completare gli studi o lavorare all’estero. E’ un fenomeno paragonabile con altre emigrazioni che ci hanno visti protagonisti in passato? 

Ormai, purtroppo, è risaputo che l’Italia non è un paese per giovani. Io credo che sia un fenomeno molto peggiore rispetto a quello precedente che abbiamo visto nella storia del nostro paese, perché le caratteristiche delle persone che partono sono molto diverse: hanno un alto livello di scolarizzazione e professionalità e vanno all’estero per perfezionare gli studi o fare una prima esperienza di lavoro. Il problema è che poi tendono a rimanere all’estero perché l’Italia fa ben poco per convincerli a tornare. Ci sono poche opportunità lavorative e quando ci sono, in termini di condizioni di lavoro, sono peggiori. 

Ѐ un grosso problema per il nostro Paese perché noi formiamo queste persone, in un contesto in cui l’università va in perdita. Lo studente paga in media sui 3000 euro di tasse annue, ma per formare un chimico, un ingegnere, un biologo, in realtà il costo è dieci volte tanto. Noi li formiamo e di fatto li regaliamo ad un altro paese. Lì vengono apprezzati, producono ricchezza, pagano le tasse, formano famiglia e contribuiscono magari all’incremento demografico di quel Paese”. 

Ѐ per questo che molti giovani hanno un senso di colpa lasciando l’Italia? 

L’ho vissuto in prima persona. Si genera un rapporto di amore e odio verso il paese a cui sono legate le tue origini ma che è anche il posto che ti ha negato le opportunità. E il posto dove queste opportunità ci sono diventa una seconda casa. Genera una sensazione di non appartenenza completa a nessuno dei due posti. A meno che non resti lì per decenni. Si crea problema di identità molto forte, molto comune tra gli italiani all’estero. Quando sei lì tendi a rimarcare il tuo essere in Italia, quando sei in Italia tendi a notare le differenze rispetto al posto in cui vivi, deluso per le cose che non funzionano”. 

Questo rischia di scalfire l’idea di nazione in senso più ampio…

“Se passassero un periodo all’estero e poi tornassero non ci troverei niente di male. Questo porta expertise dentro il Paese. Il problema è che il percorso inverso, tornare verso l’Italia, è molto raro e al momento si punta esclusivamente su un incentivo di tipo fiscale: se torni paghi un po’ meno tasse ma non funziona molto bene. Ci sono persone che sono tornate con la famiglia, il partner non è riuscito a trovare lavoro e sono dovute tornare all’estero”.  

Ma lei sapeva che sarebbe tornato in Italia? 

“Per me è stata fondamentale la Brexit. E’ stato un evento dirompente. Molte persone che fanno ricerca in ambito europeo sono ritornate. Però non ne avevo intenzione perché stavo bene dove vivevo. La realtà italiana non è particolarmente incoraggiante. Stipendi mediamente più bassi, condizioni di lavoro peggiori. In generale, rientrato questo evento eccezionale, la dinamica riprenderà. Il paradosso è che esportiamo queste persone e non riusciamo a trovare le professionalità che ci servono, nel nostro paese. Per via di alcuni progetti europei io stesso ho bisogno di alcune persone e faccio dei bandi che vanno a vuoto. Si tratta di posti molto ben pagati rispetto alla media italiane. Il problema è che queste persone non ci sono perché sono andate all’estero”

Intanto dal Sud al Nord, continua un altro filone dell’emigrazione italiana. 

C’è ancora tanta gente che si sposta dal Sud al Nord per trovare migliore qualità della vita e reddito migliore. Qui in Italia abbiamo un doppio livello di emigrazione: dal Sud ci si muove per andare a studiare al Centro-Nord e poi per lavorare si va all’estero”.

Una buona occasione potrebbe venire dai finanziamenti che l’Europa ci darà per ripartire

Il piano di rinascita cerca di fare tante cose, ma su questo aspetto della cosiddetta “fuga dei cervelli” non ho visto tante iniziative. E’ importante che il sistema scolastico e universitario funzioni agganciato alle nuove competenze. E’ difficile, perché tocca farlo con risorse inferiori rispetto alla media europea. Per formare ad alto livello devi fare ricerca e fai ricerca se hai risorse”. 

Gli Italiani emigrano, ma paradossalmente continuano ad avere paura dell’immigrazione. 

L’immigrazione può essere una risorsa enorme. E sarà un flusso tale per cui non è pensabile dire di no. Il problema è come integrare, selezionare fare in modo che questo flusso sia gestibile e diventi una risorsa. Bisogna provare diversi metodi di integrazione. La questione non è ideologica, ma di efficacia. Devi provare per tentativi, se qualcosa non funziona la devi scartare”.

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