Futuro zero

di Alessia Da Canal

Giovani che cercano lavoro in questo difficile periodo.
Tra porta a porta, catene di Sant’Antonio e offerte inaccettabili.

È bastato entrare in una pagina di facebook che offre supporto a chi cerca e offre lavoro, per aprire il vaso di Pandora. Della community Workbook Venezia, che conta 49 mila iscritti, fanno parte moltissimi giovani. Molti di loro hanno avuto esperienze pessime al loro ingresso nel mondo del lavoro.

Solo con la storia di Marzia Scatto, 26 anni, si potrebbe scrivere un libro. Laurea triennale in Psicologia, ha iniziato la sua ricerca di lavoro, principalmente per un ruolo di impiegata/segretaria/operaia, mandando curriculum ovunque. Ha fatto un colloquio per una multinazionale che cercava magazzinieri full-time, turnisti giorno/notte, 365 giorni all’anno con uno stipendio totale di 1000 euro al mese.

Per questo le cose costano poco – ha detto il personaggio arrivato in ritardo in albergo, parlando al gruppo e dicendo che se a qualcuno non andava bene poteva alzarsi e andarsene già. “E così io ho fatto, assieme ad un’altra persona”, racconta Marzia.

Il secondo colloquio, una sostituzione per maternità. “Il datore di lavoro, dopo aver fatto diversi commenti sessisti sulla sua dipendente rimasta incinta, mi chiede: ‘Tu lo sai, vero, come si fa a non restare incinta?!’.

Ma l’esperienza più traumatica è la risposta ad un annuncio per impiegata.

“Sono elusivi riguardo al mio ruolo ma mi presento lo stesso nella sede a Padova. Mi dicono che il giorno dopo mi avrebbero affiancato a un loro dipendente per fare una giornata di prova a cui seguiva un piccolo test.

Mi fanno salire su una loro macchina per andare a fare colazione tutti insieme e inizio a sospettare che qualcosa non vada. Infatti ci fermiamo a fare questa colazione a circa 20 minuti di auto dall’ufficio (e nel tragitto ho pensato che avremmo fatto un incidente perché guardava costantemente il telefono per minuti interi), per poi proseguire in un’altra direzione e finalmente ci fermiamo a Este.”

Futuro zero

“Qui scendiamo in zona residenziale e in poche parole mi dicono che per tutto il giorno saremmo andati a proporre una variante sul contratto della fornitura elettrica, porta a porta…

Non le dico quanto mi sono sentita stupida e presa in giro in quel momento. Per fortuna la giornata è finita e al rientro in ufficio mi hanno fatto questo test dove ho volutamente risposto errato e loro mi hanno comunque offerto il posto, che ovviamente ho rifiutato.

Tralasciando il fatto che è un palese imbroglio, solo in un secondo momento mi sono resa conto del rischio e del pericolo che ho corso dal momento che sono salita in macchina con due sconosciuti e nessuno sapeva dove mi avrebbero portata”.

Al successivo colloquio, per il ruolo di impiegata, Marzia racconta di questa esperienza traumatica appena vissuta alla sua interlocutrice che si inalbera.

“Io le spiego che quello che a me non è piaciuto era la poca chiarezza e correttezza nei confronti di chi si propone. Al che la ragazza mi dice fuori dai denti che il lavoro che avrei dovuto fare era proprio questo. ‘Quindi non ti andrebbe bene chiamare le persone e dire loro una cosa anche se poi non corrisponde al vero?’. Io basita rispondo di no, ovviamente. Inutile dire che non sono stata ritenuta idonea al ruolo”.

Marzia decide allora di accettare un lavoro per un anno e mezzo, tutta la settimana più il sabato mattina. 1000 euro e straordinari in nero. Impiegata, ma anche operaia, senza dispositivi di sicurezza. Spesso deve buttare vestiti e scarpe perché rovinati irrimediabilmente.

“La titolare mi lanciava letteralmente i documenti su cui dovevo lavorare… in un anno e mezzo per fortuna non mi sono mai ammalata perché probabilmente avrei dovuto fare come i miei colleghi, che con 39 di febbre venivano a lavoro”.

Adesso, però, Marzia ha trovato il lavoro dei suoi sogni.

Marta Bonaventura ha cominciato a lavorare a 18 anni come babysitter o barista per mantenersi agli studi. Da oltre un anno, causa pandemia, non riesce più a trovare nulla e a volte le proposte sono quasi indecenti, come i 5 euro all’ora, in nero, per fare la babysitter. Sono cifre giustificate dalla pandemia o pensi sia una consuetudine?. “Sono quasi sicura che sia una consuetudine nei lavori che faccio”. Marta ha 25 anni, sta finendo Filosofia e abbraccerà Antropologia, con l’idea di diventare ricercatrice o insegnante. “Adesso, però, vedo dei buchi neri davanti. Non so tra due mesi cosa farò, mi è difficile pensare la futuro”.

Clara Umgiesser, 21 anni, si è laureata in piena pandemia: laurea online, senza neppure discuterla. “Da allora non ci siamo più mossi, sempre chiusi in casa e la ricerca del lavoro nel mio settore, come social media manager, finora è andata male”. Ed è per questo che in estate probabilmente tornerà a fare la cameriera, come ha sempre fatto per mantenersi agli studi.

Nikita Giagnoni, 21enne, è disoccupata da poco. Fortunatamente il suo fidanzato di 22 anni un lavoro ce l’ha. E’ allucinata dalle proposte che trova: “L’altro giorno chiedevano uno stagista, quindi una persona che si presuppone appena uscita dalla scuola, con uno o due anni di esperienza e l’utilizzo di un software complicato. Praticamente un controsenso”. Lei ha deciso di lasciare il lavoro in uno studio legale a suo dire davvero poco attento ai diritti dei lavoratori. E in futuro, quando avrà una stabilità economica, vorrebbe studiare proprio per diventare consulente del lavoro ed aiutare chi, come lei, ha avuto delle esperienze negative.

Edoardo Zanella ha 30 anni e scrive per professione. “Più di quale volta le agenzie mi hanno offerto posizioni di marketing. Telemarketing scam o porta a porta. Bisogna stare attenti a guardare bene i loro siti e contatti, perché se si abbassa la guardia cascarci dentro è molto facile”. Ci sono costruzioni piramidali, spesso chiedono anche del denaro per cominciare. Ma i personaggi che propongono questi lavori sono tutt’altro che chiari. Questo, i ragazzi in cerca di lavoro, lo raccontano spesso. Nel suo lavoro di comunicazione Edoardo ha ricevuto tante proposte indecenti. “Quella che mi ha fatto più specie è stata un’azienda che mi avrebbe pagato 3 euro e 20 a pezzo, per 4-5 ore di lavoro, perché erano articoli molto tecnici”. Oggi ha una partita iva. “L’unica fortuna è stata costruirmi un network – racconta – lavorando in giro e restando in contatto con i colleghi dell’università. Ci si dà una mano e i clienti pian piano si fidelizzano. Ma per una persona di 30 anni giungere a quest’età senza mezzo contributo o uno stipendio sulla base del quale chiedere un mutuo, è comunque una situazione che è stressante. Non ti fa fare sonni tranquilli”.

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