Ortolab, per coltivare la socialità

di Alessia Da Canal

Intorno a un grande orto un gruppo di ragazzi disabili e i volontari dell’associazione “Famiglie e abilità” hanno costruito un’estate indimenticabile

Abbiamo piantato fagioli, peperoni, fagiolini. Vedi? Qui c’è anche l’impianto di irrigazione”.  

Eugenio ha 14 anni e un disturbo dello spettro autistico.

Ci mostra orgoglioso gli ultimi frutti ancora in crescita nel grande orto che ha contribuito a creare, compresi i cartellini messi accanto alle piantine perché possano essere riconosciute. In Italiano e in dialetto veneto, essendo alcune specie autoctone. Siamo a Camponogara (VE) e in un terreno affidato in comodato d’uso all’Associazione Famiglie e Abilità è stata costruita un’estate speciale.

Incrociamo anche Jiming, quindici anni. Ha gli occhi che brillano mentre raccoglie la verdura o prepara le cassettine da donare ai volontari. Ma raccogliere è la cosa che gli piace di più. Intanto Stefano è impegnato da una parte all’altra dell’orto, togliendo le erbacce e cogliendo fichi e centrioli, nell’ultimo scorcio d’estate, una stagione trascorsa all’insegna del lavoro, dell’attesa e del gioco, con tante tante soddisfazioni.

Sono alcuni dei ragazzi coinvolti nel progetto Ortolab organizzato dall’associazione che da anni si occupa di bambini e ragazzi che hanno difficoltà a comunicare e a stabilire delle relazioni sociali normali, utilizzano il linguaggio in modo anomalo, in alcuni casi non parlano affatto e spesso hanno dei comportamenti limitati e ripetitivi.

Avevamo deciso di partecipare ad un bando per la socializzazione e l’uscita dalla pandemia – spiega Alessandra Boran, l’infaticabile presidente di Famiglie e Abilità – Ma non ci saremmo stati con i tempi. Quindi ci siamo guardati intorno…iI terreno ce l’avevamo, dato in comodato d’uso dal proprietario. E abbiamo pensato che si poteva partire senza aspettare il finanziamento. Abbiamo cominciato ed è stata eccezionale la risposta del territorio”. 

Alessandra racconta che tanti volontari (senza esperienza) hanno voluto partecipare, educati dalla dottoressa Marzia Magagnini, colonna del team di psicologi e professionisti che collaborano con l’associazione.

Abbiamo coinvolto i ragazzi un po’ più autonomi, che potessero mantenere la concentrazione e sapessero rispettare delle regole e li abbiamo responsabilizzati con l’aiuto di Vanni che gestisce un agriturismo ed è stato il nostro esperto per tutti i lavori. Abbiamo iniziato questa cosa senza sapere dove saremmo arrivati  – prosegue la presidente – e la risposta del paese è stata grandissima. Una gioia quando abbiamo detto che avevamo verdura e frutta per tutti. Sì, perché abbiamo fatto crescere anche meloni ed angurie. Le persone vengono, lasciano un’offerta e si portano via una cassettina piena di prodotta fatta dai nostri ragazzi con sentimento e passione. Tutti si divertono molto, anche se il filo conduttore è l’educazione”.

Una parte dell’orto, quella in cui sono state coltivate le piante aromatiche, è stata data in gestione al gruppo culturale “Il troso” di Camponogara per fare dei laboratori con i bambini. Ne sono stati organizzati anche di sera, sotto le stelle, ed è stato un modo per rendere l’orto aperto a tutti. Bambini e adulti. Si divertono un sacco e tornano.

Socializzare, educare, rispettando i tempi della natura e delle persone

Per noi è stata una manna questo terreno, ci ha aiutato tanto. All’inizio i ragazzi arrivavano qui con la mascherina ed è stato difficile far capire loro che all’aperto si poteva anche toglierla, mantenendo una certa distanza. Difficile farlo capire adesso, tanto quanto era stato complicato all’inizio insegnare loro a proteggersi, a distanziarsi, rinunciando al contatto di cui molti di loro hanno bisogno come l’aria che respiriamo. E’ stato difficile anche per loro non poter abbracciare i compagni o fare una carezza sulla spalla. Ma ci siamo riusciti e  adesso…guai a saltare questo appuntamento!”

I ragazzi hanno dai 14 ai 19 anni ed hanno diagnosi diverse tra loro. Da aprile si incontrano qui tre giorni alla settimana. “Questa è un’esperienza particolare – racconta la dottoressa Magagnini – nata con l’idea di creare una situazione sociale più normale e spontanea possibile. Abbiamo creato un gruppo di lavoro che con la possibilità di vedere che dal seme si arriva alla raccolta e poi alla ‘vendita’. L’aspetto più importante, che porterà maggiori benefici ai ragazzi è la relazione con i volontari che hanno condiviso il progetto. La relazione con la comunità. Un educatore era presente a tutti gli incontri, ma piano piano la figura sta scomparendo perché la situazione diventi più naturale. Questa prima fase si conclude in ottobre, ripartirà nella stessa modalità, aprendo ad altri ragazzi che hanno risorse grandissime ed è importante che vengano messe in gioco. Abbiamo fatto incontro intermedio con i volontari per capire come stava andando il progetto e loro stessi ci ringraziano per aver avuto l’opportunità di conoscere questi ragazzi e passare del tempo con loro”.

E’ stato emozionante – racconta il papà di Jinming – ragazzi e volontari lavorano insieme, si cercanoQuesta secondo me è la cosa più positiva”.

I ragazzi, a casa, ne parlano? “Ci sono modi diversi. Alcuni erano già appassionati o stavano cercando di appassionarsi e non vedono l’ora di venire. Per altri è un modo di socializzare, cosa che è sempre abbastanza difficile. Un modo per stare insieme. La natura ha fatto da volano, con i suoi tempi. Questo è importante: con la natura bisogna attendere, ma anche con i nostri ragazzi è importante attendere i loro tempi, perché i risultati arrivano Bisogna aspettare perché maturino le cose”.

Il terreno sul quale sarà costruito il loro futuro

Questo è un terreno per noi prezioso per due motivi – conclude Alessandra Boran -. Qui nascerà Abilitylab che rappresenta il futuro dei nostri ragazzi. Una struttura di 800 metri quadrati. Al piano superiore faremo le terapie come facciamo da sempre, con le professioniste che lavorano da noi e seguono bambini e ragazzi dai 2 anni in poi. Il piano terra sarà dedicato alle autonomie in un ambiente lavorativo. Vogliamo realizzare una struttura dove accogliamo persone che hanno bisogno di fare conferenze o cene aziendali. Avremo una cucina professionale dove lavoreranno i nostri ragazzi ma anche professionisti. I ragazzi offrono la loro struttura e la gente prende gli spazi e la utilizza come meglio crede”.

Un grande sogno che ha bisogno di un sostegno economico notevole. Per ora abbiamo il progetto su carta, tante persone che ci stanno seguendo e aspettano che si possa posare la prima pietra. Ortolab è una piccola cosa.

Questa è incredibilmente importante. Speriamo nel buon cuore delle persone che ci seguono  e già il 5 x 1000 per noi è importante. Poi ci sono i bandi europei, regionali. Siamo pronti a parteciparvi per accedere ai fondi. E perché il tutto possa  partire, tra uno o due anni”. 

Potrebbe interessarti anche...

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.