Io sono il mio influencer

di Valeria Iotti
Io sono il mio influencer

Gli adolescenti e la moda. Un mondo che cambia con loro.
Indagine sul rapporto tra adolescenti e la moda. Fra voglia di esprimersi, consapevolezza e second hand.

Parlando dell’ultimo acquisto fatto di abbigliamento, solo l’8% cita il brand. Ricordando la cosa più vecchia conservata nel loro armadio, oltre il 30% ci racconta a cosa è legata, chi l’ha regalata o a chi è appartenuta.

Il primo consigliere in fatto di look è la mamma, mentre l’umore vince nel determinare la scelta di ‘cosa mi metto oggi’. Ecco un primo assaggio delle risposte che ci hanno dato proprio loro, le ragazze e i ragazzi della generazione Z, quelli nati fra il 1995 e il 2010, intervistati on line.

Sono loro l’oggetto del desiderio dei più importanti marchi globali, già oggi valgono il 40% del mercato del lusso (fonte Business of Fashion) e arriveranno all’80% nel 2035 (fonte fashionforbreakfast.it). Eppure, dalle risposte di 50 ragazzi e ragazze raccolte da Fuori La Voce, emerge che la conquista della loro attenzione sarà tutt’altro che semplice, per il mondo del lusso come per il mass market. Perché per loro il vestire è identità e l’identità non è mai stata così fluida, veloce e multiforme.

Cosa è cambiato rispetto ai loro fratelli maggiori, i millennials, nati fra il 1980 e il 1995, che hanno colonizzato l’immaginario collettivo sfruttando per primi la potenza dei social network e sprizzando loghi da tutti i pori?

Partiamo dal rapporto con il digitale: i ragazzi e le ragazze della generazione Z sono nativi digitali e nativi social, ci sono cresciuti dentro, non riescono a immaginare un mondo in cui non esista accesso a internet.

Si stima trascorrano in media 10 ore al giorno chattando, giocando, leggendo, informandosi e facendo ogni tipo di attività con il proprio smartphone. Eppure i consigli li chiedono a chi hanno più vicino (la mamma, gli amici, i fratelli e le sorelle). Eppure fra i riferimenti di stile, le cosiddette icone del web sono citate quanto quelle di Hollywood e della musica. Perché?

Io sono il mio influencer - Giulia Disegna
Giulia Disegna

“Per i ragazzi e le ragazze adolescenti, oggi e ancor più in questa fase di pandemia, i social network sono la possibilità di essere in relazione con l’altro, inteso come proprio pari”– ci racconta Giulia Disegna, psicoterapeuta psicodinamica specializzata in adolescenza. “Vivono immersi nel rapporto con il virtuale, ma due su tre riconoscono la dimensione fake dei social e del web, sono consapevoli della distanza fra quello che vedono e la realtà concreta.

Questo fa sì che solo una piccola parte di loro riconosca il possesso di oggetti legati a brand come indicatori di status. Per quanto vivano una forte pressione verso il successo e il guadagnare denaro, questo non è finalizzato all’acquisto, al consumo, ma alla possibilità di dire la propria, di esprimersi. Avere la felpa di X non significa più essere ricchi”.

Sta cambiando il rapporto con il denaro e di conseguenza con il fare acquisti, forse più di quanto non cambi nei fatti la modalità. Del resto, fra i ragazzi e le ragazze intervistate, solo il 6% dice di fare acquisti on line perché lo trova più divertente e piacevole. Per tutti gli altri, fra quelli che fanno volentieri acquisti di abbigliamento e accessori, l’ideale è andare in negozio, cercare, toccare, quando sarà di nuovo possibile al termine dell’attuale emergenza sanitaria.

“Non è un caso che i ragazzi e la ragazze citino il mondo del second hand fra i loro riferimenti” – prosegue Disegna. “Questi adolescenti sono cresciuti a cavallo della crisi economica del 2008, hanno sviluppato una consapevolezza radicata dei meccanismi dello sviluppo economico, non danno il denaro per scontato e dimostrano tendenzialmente una notevole capacità decisionale in fase di acquisto”.

Il tema è quello del senso, del significato emotivo che viene dato a ciò che si acquista, perché si sa che diventerà parte del racconto di sé, di ciò che si mostrerà al mondo, e si vuole che rispecchi i propri valori e la propria identità.

Quale identità? Oggi tutti guardano ai ragazzi della Generazione Z per definire i trend e capire quali siano le nuove regole e le nuove tendenze, ma la loro identità è quanto di più poliedrico, non univoco.

L’elemento caratterizzante è la fluidità: l’identità di genere non è più polarizzata fra maschile e femminile, si concedono di sperimentare, sentono meno la pressione del giudizio esterno, scoprono una libertà inedita. Sono veloci, hanno imparato a sfruttare l’accesso a un’infinita possibilità di stimoli e proposte senza filtri di genere, in modalità smart”.

Io sono il mio influencer

La mamma, la famiglia e la cerchia più prossima di affetti sono perlopiù complici di questa evoluzione e qui arriva, per qualcuno, una sorpresa.

Dice Giulia Disegna: “Per quanto coartati dalla pandemia, i legami affettivi dei ragazzi e delle ragazze della generazione Z si stanno dimostrando saldi. La digitalizzazione, gestita in questo modo smart e consapevole, sta generando relazioni sane”.

Allora è vero che questi ragazzi e queste ragazze sono diventati gli influencer di se stessi: è l’umore e un’idea che li guida, nella ricerca di sé e quindi nella ricerca di come mostrarsi.

Il mondo digitale e il mondo reale possono trovare una sintesi sana, quindi?

Disegna conclude: “Da vari studi emerge quanto questa generazione sia più disponibile al volontariato e più empatica. C’è una maggiore partecipazione, un approccio critico al consumo. Si ha un’idea più precisa dell’impatto, positivo o negativo, che si può avere nel contesto in cui si vive, a tutti i livelli, comunità e ambiente”.

In questa relazione fluida e empatica con chi è vicino, oggetti e capi di abbigliamento diventano prolungamenti affettivi. Ciò che si acquista e si vive non è transitorio, ma può diventare una piccola parte di sé.

Bisogna meritarselo: il sistema moda è avvisato.

www.giuliadisegna.it

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