Architetta sarai tu

di Micaela Faggiani

Linguaggio di genere?
Le donne del Cantiere si dividono

Non c’è una risposta univoca sulla questione del linguaggio di genere. Ma un confronto acceso “al femminile”.

Uno degli argomenti “caldi” all’interno del Cantiere delle donne, in discussione anche con toni accesi, è stato sicuramente in questi ultimi mesi quello del linguaggio di genere.

Architetto o architetta? Direttore o direttrice?
Le opinioni delle donne si sono spaccate, c’era chi si collegava alla funzione e non al nome e chi alla cacofonia delle parole declinate al femminile, chi rimaneva indifferente, chi rivendicava a gran voce l’uso del femminile nella lingua di tutti i giorni.

Insomma, un universo mondo al femminile che sul linguaggio di genere non ha trovato una sintesi. Ecco perché, interpellata dal sindacato dei giornalisti del Veneto, anche la sottoscritta si è tenuta neutrale come potete leggere da questo link: “Forma vs contenuto

Architetta sarai tu - Beatrice Venezi

«A me usare “sindaca” non piace – ha confessato Micaela Faggiani, giornalista freelance e presidente del Cantiere delle Donne – E anche tra le circa 6.000 partecipanti al gruppo c’è un’evidente spaccatura sulla declinazione a ogni costo.

Credo che la cosa fondamentale sia il contenuto sulle donne, non il termine usato per veicolarlo. Sicuramente è fondamentale lavorare affinché la parità di genere sia alla base di ogni articolo, di ogni libro».

“Pochi giorni dopo, in seguito alla polemica scatenata da Beatrice Venezi che sul palco dell’Ariston a Sanremo ha voluto essere chiamata ‘direttore d’orchestra’ – ricorda la giornalista – all’interno del cantiere si è scatenato l’inferno”.

Riportiamo solo alcuni dei diversi commenti:

Incredibile che anche la treccani alla voce “direttriceriporti:
“s. f. Donna che svolge la funzione di direttore…” esatto. Sono le radici che sono malate

Ma fate sul serio? Il problema è se la chiamano DIRETTORE d’orchestra piuttosto che direttrice????? Per carità… la questione vera riguarda l’avere le stesse opportunità di un uomo… la stessa remunerazione a parità di mansioni svolte… non certo una questione di lessico… La parità passa attraverso la cultura, e quindi anche dal linguaggio.

Chi ha il potere sulle parole ha potere anche sulla realtà, perché sono le parole a fare le narrazioni, a tracciare le storie e la Storia (sempre raccontata da un punto di vista maschile, con protagonisti maschili). Se vogliamo fare qualcosa per le donne dobbiamo LASCIARE LIBERTÀ DI SCELTA!!! punto

Per me l’errore che compie è grave, è più che altro grammaticale. Qua non si tratta di trovare nuovi termini al femminile per parole di cui esiste solo il maschile perché per le donne prima la funzione non era contemplata (es. sindaca). Qua si tratta di usare la parola direttrice, che in italiano esiste eccome. Quindi non si tratta di libertà di scelta, si tratta di usare correttamente l’italiano. Se sei donna e di mestiere dirigi (una scuola, un’orchestra, un quello che volete) sei una direttrice.

Retaggi culturali o lessicali, ruoli, libertà di scelta…

Il dibattito è decisamente aperto e come tale, proprio per lo spirito e la libertà che anima il Cantiere delle Donne, abbiamo lasciato spazio alla discussione, nei limiti del rispetto reciproco. E sicuramente sarà un tema che continuerà ad essere dibattuto e forse terrà banco per i prossimi anni.

Non è un caso che proprio in un webinar a cui siamo state invitate come Cantiere delle donne, moderato da Micaela Faggiani, l’unico confronto acceso sia nato proprio sulla questione del linguaggio di genere!

Il webinar, organizzato dall’associazione Alumni dell’Università di Padova e da Unitrento era dedicato alle donne laureate nella storia e nel presente, a partire dalla dalla prima donna laureata al mondo, all’università di Padova, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia.

Tra le donne invitate al confronto imprenditrici e docenti universitarie che hanno raccontato la loro storia di donne, di professioniste, con tutti i limiti del caso, con le scelte che hanno dovuto fare per conciliare l’eventuale famiglia e figli. Storie simili, storie di successo e di fatiche ma, proprio sulla questione “direttore o direttrice” hanno mostrato le loro diversità.

C’è chi come Stefania Bruschi, ha scelto infatti di farsi chiamare direttore di dipartimento di Ingegneria Industriale preso l’Università degli Studi di Padova, proprio per il ruolo, in un mondo composto in larga parte da uomini, dove anche il linguaggio conta per il rispetto, non solo l’indubbia professionalità.

Architetta sarai tu

Vi spiego il sessismo:
io e mio fratello studiamo entrambi Giurisprudenza.
I parenti chiamano
lui avvocato e me bella

Chi invece come Daniela Bandera fondatrice di Nomesis e Presidentessa Nazionale di European Women’s Management Development – International Network – ha ribadito il suo animo più femminista e l’imperativo categorico di usare la declinazione al femminile anche per ribadire che non si tratta di professionalità ma di usare quello che la lingua italiana permette.

Tra i due litiganti il terzo gode si direbbe. In questo caso ci ha pensato Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell’Università degli Studi di Trento che ha mediato tra le due posizioni lasciando libertà di scelta alle singole persone, con alle spalle storie professionali e luoghi di lavoro diversi.

“Certo – ha sottolineato – forse ci vuole tempo per educare al linguaggio di genere quindi basterebbe iniziare dove possibile, in linea con la propria sensibilità, a utilizzare la declinazione al femminile. È una questione di abitudine più che altro”

Ai posteri dunque l’ardua sentenza, speriamo non troppo lontana nel tempo. Noi come Cantiere delle donne, continuiamo a confrontarci e a capire da che parte possiamo andare rispettando tutti e tutte.

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1 commento

Maria elisa 1 Maggio 2021 - 10:52

Ma perché le donne temono di sottolineare la diversità di genere? A mio parere dietro diversi alibi. Provate a chiedere ad un uomo di essere nominato direttrice o ministra. Ma può andar bene che i vicini, il macellaio, il fruttivendolo… chiamino me signora (pure col cognome del marito che è portavoce riconosciuto della famiglia) e mio marito regolarmente dottore? È la conseguenza di essere sempre sulla scia del maschio…

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