Una cultura del dono, terapia salvavita

di Micaela Faggiani

La donazione degli organi: scelta personale e campagna di sensibilizzazione anche attraverso gli uffici anagrafe dei comuni

La storia che racconto oggi è una storia di morte e di vita.

Una storia che per me è inumana, perché ho perso mio figlio Jacopo a ventuno anni per un attacco d’asma fulminante, ma che è diventata possibilità di vita per tante altre persone, grazie alla donazione degli organi di mio figlio”.

A parlare è Fausta Tocchio, mamma di Jacopo, “donatore” post mortem. 

Lo ha fatto in un incontro online organizzato online da Anci Veneto, Centro Regionale Trapianti, Aido Veneto, Anusca e Federsanità del Veneto e rivolto alle amministrazioni venete, in particolare agli operatori degli uffici anagrafe dei diversi comuni. 

Focus dell’incontro è la possibilità data agli operatori dell’anagrafe, stabilita dalla legge, di proporre al cittadino, al momento del rinnovo o della richiesta della carta d’identità, la scelta di donare gli organi dopo la morte, da apporre nel documento stesso.

In Italia vige il principio del consenso o del dissenso esplicito (art. 23 della Legge n. 91 del 1 aprile 1999; Decreto del Ministero della Salute 8 aprile 2000).

Questo consenso o assenso può avvenire secondo diverse modalità:

  • La dichiarazione di volontà presso gli Uffici Anagrafe di quei Comuni che hanno attivato il servizio di raccolta e registrazione della dichiarazione di volontà, in fase di richiesta rinnovo della carta d’identità. 
  • La registrazione della propria volontà presso la propria Asl di riferimento o il medico di famiglia, attraverso un apposito modulo. 
  • La compilazione del c.d. “tesserino blu” del Ministero della Salute o del tesserino di una delle associazioni di settore, che deve essere conservato insieme ai documenti personali.
  • Qualunque dichiarazione scritta che contenga nome, cognome, data di nascita, dichiarazione di volontà (positiva o negativa), data e firma, (considerata valida ai fini della dichiarazione dal Decreto ministeriale 8 aprile 2000), anch’essa da conservare tra i documenti personali;
  • L’atto olografo dell’Associazione Italiana Donatori di Organi (AIDO).

Ad oggi in Veneto i comuni che hanno attivato questo servizio sono 411 su 563; i mancanti sono proprio quelli invitati ad essere formati grazie ai progetti attivati a livello regionale, tramite il Centro regionale trapianti. 

Il webinar in oggetto faceva parte proprio di questo percorso sancito anche dalla legge regionale 9 del 2016.

La testimonianza di Fausta affiancata a quella di Mirko, trapiantato, sono serviti a stimolare la discussione e invitare i comuni ad “aggiornarsi”.

E così noi di Fuori la voce, visto l’argomento così importante e spesso dimenticato o poco conosciuto, abbiamo deciso di raccontarlo, attraverso le loro parole.

Jacopo, scomparso così prematuramente – continua Fausta –  ha lasciato un vuoto incolmabile, un dolore profondo, ma mi ha lasciato in dono anche le sue volontà, espresse non per scritto.

In tempi non sospetti, quando mai si sarebbe pensato a questa morte improvvisa, abbiamo parlato di donazione degli organi con i suoi fratelli. Lui in quell’occasione disse che avrebbe voluto donare gli organi. Quando mi sono trovata in ospedale e i medici mi hanno avvicinato per darmi la notizia della sua morte con grande delicatezza e rispetto, mi sono risuonate le sue parole, che però ho chiesto di confermare anche ai suoi fratelli per esserne certa. E così ho esaudito la sua volontà e Jacopo è diventato donatore multiorgani. 

Questa è la semplicità del gesto della donazione, per me è un’enormità poter avere nel mio cuore questo pensiero dolcissimo, che mio figlio a cui ho dato vita a sua volta ha dato la vita”.

Mirko Dalle Mulle è invece un trapiantato, due volte.

Lui è di Feltre, dal 2009 è entrato a far parte della grande famiglia di Aido Belluno di cui è diventato pure presidente. Perché quando aveva tre anni ha scoperto di avere una malattia renale che negli anni è peggiorata, tanto da costringerlo a diciassette anni ad iniziare la dialisi

Per me la donazione è l’altra faccia della stessa medaglia rispetto a Fausta. È stata un riprendersi in mano la vita”.

“Io non facevo più la pipì – continua Mirko – ma forse non sapete che puoi resistere solo pochi giorni senza questa funzione vitale, quei liquidi in qualche modo il tuo corpo deve espellerli, se ti rimangono dentro pian piano muori. La dialisi è una terapia salvavita che però ha una durata, non la puoi fare per sempre. E così, nel 1998 ho ricevuto il mio primo trapianto e mi si è aperto un mondo. Questo percorso è durato diciannove anni, durante i quali ho scoperto lo sport come la vela grazie ad altri amici trapiantati, e così anche il cammino di Santiago, che ho percorso in parte. 

Nel 2017 però il mio organo trapiantato è per così dire “scaduto”. Gli organi infatti non hanno durata illimitata, sono pezzi di ricambio, io sono già stato fortunato perché è durato molti anni. Quindi ho ricominciato la dialisi per altri tre anni e mezzo. E poi finalmente eccolo, in epoca Covid e, devo ringraziare medici che non si sono mai fermati con la donazione, io sono uno di quelli fortunati che ha ricevuto il secondo trapianto a Padova. Per me è stata la seconda rinascita, anzi la terza nascita… Ogni anno da allora festeggio tre compleanni!

Facciamo chiarezza anche su volontà, legge e scelta di donare con il responsabile del Centro regionale trapianti del Veneto, il dott. Giuseppe Feltrin, da anni impegnato anche in progetti di sensibilizzazione alla donazione come questo. 

Perché se in ospedale si va quando si sta male in Comune ci si va sempre per fare la carta d’ identità. Per quello abbiamo chiamato all’appello le amministrazioni, perché possono aiutarci a riequilibrare quella bilancia che pende sempre dalle parte di chi sta aspettando un trapianto e che purtroppo rischia la vita nell’attesa. Anche se siamo bravi e non ci siamo mai fermati nemmeno in pandemia e i trapianti che stiamo effettuando sono tanti, sono ancora troppo pochi rispetto alle milleduecento persone che ogni anno sono in attesa di trapianto, soprattutto di alcuni organi specifici. In questa battaglia di equilibrio tutti possiamo, con il nostro ruolo, fare qualcosa, anche gli operatori degli uffici anagrafe”.

Qui la procedura. 

Per legge – continua Feltrin – si diventa donatori post mortem dopo che è stata fatta una diagnosi di morte e un accertamento di morte. Quindi i medici dovranno capire se è reperibile o ricostruibile la volontà della persona deceduta alla donazione, magari espressa ai familiari, durante la vita. Nel caso non ci fosse alcunché, ai familiari del deceduto viene chiesto di dare opposizione o non opposizione alla donazione degli organi. Ricordo tra l’altro che nel caso di espressione di volontà alla donazione degli organi, è diritto di ogni persona quello di rivedere la sua posizione e scelta, senza dare alcuna motivazione alcuna, in qualsiasi momento”.

Non è facile però per noi medici fare la domanda sulla donazione degli organi ai familiari della persona appena deceduta, né soprattutto per loro rispondere ad un quesito così delicato e responsabilizzante in quel momento di grande dolore. Ecco perché sarebbe auspicabile che ogni singola persona potesse decidere e scrivere sulla carta d’identità la sua adesione o meno alla donazione”.

Noi Comuni siamo a disposizione dei territori, della Regione, delle associazioni – queste le parole del Presidente di Anci Veneto Mario Conte, già sindaco di Treviso –  per fare da anelli di giunzione e per facilitare i processi, come in questo caso con l’ufficio anagrafe”.

Queste iniziative sono importantissime perché consolidano la cultura del dono – commenta Luciano Flor, Direttore Generale della Sanità della Regione del Veneto – io sono testimone di come il trapianto possa cambiare la vita non solo dei malati ma anche delle loro famiglie. Il trapianto è in assoluto una terapia salva-vita, non ci sono alternative”.

A chiudere il ragionamento (nel convegno online ad aprirlo) c’era anche l’Assessore alla sanità della Regione Veneto Manuela Lanzarin

Possiamo dire con soddisfazione che qui in Veneto, nonostante la pandemia, nel 2020 abbiamo superato i trapianti del 2019. E questo è merito sia della strutturazione della sanità, sia del coordinamento dei trapianti, sia delle eccellenze e dei professionisti di rilievo e dell’attrezzatura che abbiamo a disposizione, ma tutto questo non sarebbe possibile se non ci fosse nel territorio una cultura del dono. Per questo applaudo a questa iniziativa che prosegue nella volontà e progettualità della Regione di implementare questa cultura del dono attraverso progetti che già sono operativi, grazie anche a molte associazioni e fondi del terzo settore. Noi come regione Veneto vogliamo fare da regia di tutte queste iniziative, che servono ad una corretta informazione riguardo a un gesto così fondamentale, tanto da salvare una vita.

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