La violenza si supera insieme

di Valeria Iotti

È la certezza di Pangea, onlus che aiuta le donne vittime di violenza e i loro figli.

Che adulto sarà un bambino che ogni giorno vede la violenza agìta nella sua casa e nella sua famiglia? Che relazioni avrà, se l’unico modello che conosce è fatto di prevaricazione e aggressività? La violenza sulle donne, quando la donna è madre, diventa quasi sempre “violenza assistita” sui minori.

Ma cos’è la violenza assistita? Ce lo spiega Simona Lanzoni, vice presidente di Pangea, onlus che dal 2002 si occupa di aiutare le donne per favorire il loro sviluppo economico e sociale, perché possano mantenere sé stesse e la propria famiglia e liberarsi da condizioni di abuso.

“La violenza assistita si ha quando un bambino o bambina è presente, direttamente o indirettamente, ad una violenza esercitata su una figura primaria di cura, spesso la madre. Lo sviluppo psico-emotivo del bambino o della bambina subisce una forte scossa, si crea l’humus ideale per la trasmissione intergenerazionale della cultura della violenza che è quello che dobbiamo interrompere.

I piccoli imparano che le relazioni sono intrise di violenza e quello rischia di diventare il loro modello di rapporto con il mondo”.

Per i più piccoli, la possibilità di prendere le distanze dalla violenza come modo di affrontare la vita è legata a un filo sottile, quello che li lega alla madre e alla speranza di conoscere un quotidiano diverso.

C’è una differenza sostanziale fra conflitto e violenza, che invece spesso rischia di diventare ambigua. Il conflitto è parte delle relazioni e si può gestire, la violenza è altro”.

Per questo è nato il progetto “Piccoli Ospiti” di Pangea, che lavora per ricostruire la relazione madre-figli e far sperimentare che si può essere famiglia in un altro modo.

“Piccoli Ospiti” interviene nella fase di uscita da una situazione familiare dove si sono intrecciate violenza di genere e violenza assistita.

Quanti sono i minori vittime di violenza assistita in media ogni anno in Italia? 

“I dati dell’Istat e delle associazioni che lavorano in prima linea con i minori dicono che, fra i circa 402.000 minori seguiti in Italia dai servizi sociali, 77.000 sono stati vittime di maltrattamenti.

La violenza assistita è la seconda forma di maltrattamento per frequenza, si stima che 1 su 5 fra questi bambini l’abbia subita. In realtà questi dati sono molto parziali, perché esiste un sommerso di violenza assistita molto difficile da intercettare”.

Come agisce il progetto “Piccoli Ospiti”? 

“Lavorando con le donne vittime di violenza, ci siamo resi conto che non si potevano trascurare i figli, quando presenti, nella costruzione di un percorso di uscita da una situazione di abuso. Il recupero del rapporto con i figli è decisivo: era necessario che madri e figli costruissero una relazione nuova, una loro nuova dimensione famigliare.

Piccoli Ospiti’ crea una relazione fuori dalla paura e dalla violenza e lo fa attraverso attività ludo-pedagogiche in cui i bambini imparano a dare un nome e a gestire le proprie emozioni e riscoprono il gioco. L’obiettivo è fare cose insieme, giocare e sperimentare, seguiti da operatrici professioniste che accompagnano l’evoluzione del rapporto e la scoperta di una nuova speranza di futuro, in pace, insieme”.

A che punto è la legislazione italiana su questi argomenti? 

“Il passaggio decisivo è stata la ratifica italiana della Convenzione di Istanbul nel 2013, che si occupa di prevenzione della violenza contro le donne. Con la legge 119 del 2016 è stata riconosciuta la violenza assistita come aggravante. Valutare la violenza assistita è fondamentale perché le nuove generazioni non la ripetano, non avendo avuto modo di elaborarla.

Il fatto che in oltre il 70% dei casi avvengano in famiglia rende tutto più difficile, perché si tende a negare la violenza derubricando a conflitto famigliare, ma il conflitto è altro dalla violenza”.

Per aiutare la donne vittime di violenza Pangea ha strutturato REAMA, rete di auto mutuo aiuto anti-violenza. Quanto è importante per le donne fare rete? 

“Mai come oggi fare rete è fondamentale. La violenza isola. Costruire nuove relazioni paritarie e sane con donne permette di immaginare una via di uscita. Pangea ha promosso Reama nel 2018, per creare un coordinamento nazionale fra le tante realtà locali impegnate nell’aiuto alle donne. Nasce con il contributo di professionisti ma anche di tante donne che hanno scelto di dedicarsi a questa causa, magari perché hanno vissuto la violenza sulla pelle e sanno cosa significa e come si può uscirne.

 Chi si rivolge allo sportello antiviolenza di Reama viene messo in contatto con la struttura più vicina e con chi può intervenire in quel contesto famigliare specifico. L’obiettivo è permettere alle donne di reimparare a scegliere liberamente per se stesse, seguendo un percorso di empowerment che significa esattamente scoprire di poter fare, di poter essere.

Questo percorso si fa insieme. Quello che è importante riscoprire è che la violenza è uno stato temporaneo: si è donne a prescindere, se ne può uscire e ritrovare la propria vita”.

Reama ha attivato lo sportello MIA ECONOMIA, per aiutare le donne vittime di violenza economica. Di cosa si tratta? 

“La violenza è un modo per esercitare il controllo e privare della libertà, spesso attraverso la manipolazione del denaro.

Ci sono donne che si trovano intestatarie di aziende, spinte a fare debiti per il proprio uomo, impossibilitate a disporre del proprio stipendio. È un altro modo per tenere in scacco una donna e noi abbiamo raccolto le professionalità specializzate per risolvere questi problemi”.

Ci sono tante forme di violenza, ma l’esperienza di Pangea ci dice che nulla è definitivo e che un’altra vita è possibile, per le donne e per le loro famiglie.

Rivolgersi a Pangea è semplice:
basta scrivere a sportello@reamanetwork.org oppure miaeconomia@reamanetwork.org.

Insieme si può.

Potrebbe interessarti anche...

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.