Gioco di mano…

di Francesca Campanini
Gioco di mano

Dalla Blue Whale alla Spaccacranio,
le pericolosissime challenge sui social network

A quasi quattro anni dal boom mediatico prodotto dall’arrivo in Italia della notizia della Blue Whale i tragici casi di adolescenti che muoiono registrando video da postare sui social network non sono cessati, anche se di balene blu non si parla più nei titoli dei quotidiani.

Nel maggio 2016 viene pubblicata su un sito d’informazione indipendente un’inchiesta di Galina Mursalieva, che indagava sui presunti 130 suicidi verificatisi nei mesi precedenti tra i teenagers russi. Le morti sono state ricondotte all’esistenza di chat sulla piattaforma VKontakte in cui i giovani sarebbero stati indotti a compiere azioni autolesioniste culminanti nel suicidio.

Sull’affidabilità dell’inchiesta di Mursalieva ci sono state intense dispute sia nel dibattito russo che sulla stampa internazionale.

L’assenza di contestualizzazione e di considerazione dei disagi pregressi delle vittime, l’utilizzo di fonti non oggettive e il tono eccessivamente emotivo a discapito della lucidità nella narrazione dei fatti sono alcune delle ragioni per cui la notizia è stata addirittura definita una bufala. In Italia il Blue Whale arriva, nel maggio 2017, con un controverso servizio de Le Iene che presenta il gesto estremo di un quindicenne di Livorno come effetto della diffusione del “gioco”.

Dopo la trasmissione del programma e la ripresa da parte dei quotidiani della notizia, la polizia postale registra un enorme aumento di segnalazioni di autolesionismo e una proliferazione di hashtag di adolescenti curiosi o problematici, i quali tentavano di farsi agganciare per partecipare al gioco. Così i fenomeni di emulazione e la creazione di nuovi gruppi e chat prendono piede.

Se il Blue Whale sia stata una bufala che faceva dell’autolesionismo e delle tendenze suicide giovanili degli scoop mediatici oppure un vero e proprio piano perverso di deviazione delle menti degli adolescenti ancora non è chiaro.

Certe sono invece la pericolosità e l’influenza che le dinamiche social hanno sulle menti e sulle azioni dei giovani, la nuova frontiera del pericolo online sembrano essere, da questo punto di vista, le challenge che spopolano soprattutto sui nuovi network, come TikTok.

Blackout challenge, eyeballing challenge, skullbreaker challenge sono solo alcune delle sfide che hanno provocato negli ultimi anni morti, ospedalizzazioni e lesioni gravi tra gli adolescenti del mondo e quelli italiani. La blackout challenge, in particolare, consiste nello stringere una corda o una cintura attorno al collo per il maggior tempo possibile, inducendo una privazione di ossigeno a livello cerebrale e una sensazione di euforia.

Questa sfida sembra essere in voga dal 2018, con la notizia diffusa dalla stampa italiana di un quattordicenne milanese rimasto ucciso nel tentativo di replicare il gioco. L’ultima vittima di questa challenge è invece una bambina palermitana di dieci anni, che lo scorso gennaio è morta cerebralmente in ospedale. La piccola, utilizzando la cintura di un accappatoio nel bagno di casa, si era ingenuamente lanciata in questa sfida mortale.

Il tentativo di superamento dei propri limiti (già di per sé problematico) degenera, in alcuni casi, in assunzione di atteggiamenti violenti e riconducibili al bullismo: la skullbreaker challenge lo dimostra. Consiste nell’indurre un inconsapevole malcapitato a saltare a fianco di altre due persone, che faranno poi uno sgambetto alla vittima per farla cadere.

Questa sfida, letteralmente “spacca cranio”, considerato l’inganno con cui si induce la persona presa di mira a parteciparvi, non solo ha delle potenziali conseguenze estremamente pericolose in termini medico-clinici, ma è anche a tutti gli effetti una forma di violenza esercitata su compagni di scuola e conoscenti.

Non risultano sufficienti per arginare il pericolo di queste tendenze le policies adottate dai social network, TikTok in primis, di rimozione dei contenuti video e degli hashtag che promuovono queste azioni dannose e ne favoriscono la diffusione.

È sempre dietro l’angolo il rischio che l’incoscienza, la voglia di superare limiti e di mettere in circolo adrenalina producano tragedie difficili da comprendere e impossibili da accettare.

Leggi anche l’articolo correlato: “Il grooming è un pericolo reale

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