La difesa al femminile

di Micaela Faggiani

La storia della difesa di una donna dietro la disciplina del Ving Tsun Kuen

È uno dei temi sempre di estrema attualità, che purtroppo attanaglia il mondo dalla notte dei tempi: la violenza sulle donne. Tra le mura di casa o al di  fuori, le statistiche non mentono e la tendenza negli ultimi due anni appare in crescita.

Aumento probabilmente derivante da una “convivenza forzata”, conseguenza del caos sanitario in cui ci ritroviamo da tempo. Un grande aiuto è dato dal conoscersi fisicamente e mentalmente, sviluppare e utilizzare le nostre potenzialità latenti per imparare a difendersi. E questo lo si può fare attraverso la pratica delle arti marziali tradizionali.

Esistono almeno cinquecento stili conosciuti al giorno d’oggi di kung fu cinese, non sappiamo con certezza quanti siano andati perduti nei secoli, dato che fino a metà del 1800 l’arte marziale veniva tramandata solo oralmente, da padre a figlio o comunque tra parenti molto stretti.

In questo calderone di stili tratteremo una delle discipline relativamente più recenti, il Ving Tsun Kuen, la cui creazione è datata a circa quattrocento anni fa, anche se chiaramente le basi da cui è stato ideato sono molto più antiche

La leggenda narra che questa disciplina sia stata ideata da una donna, monaca e guerriera di nome Ng Mui (“Cinque Fiori di Pruno”), fuggita assieme a uno sparuto gruppo di altri monaci dal rogo appiccato all’interno delle mura del monastero Shaolin, luogo in cui ella risiedeva. Questo gesto pare sia stato compiuto da un monaco traditore con il supporto dell’esercito Qing, usurpatore illegittimo della Cina dalla metà del 1600 fino all’inizio del 1900.

La badessa viaggiò per la Cina sino a giungere in un piccolo monastero di montagna nella Cina del Sud, dove si stabilì e nel quale pose le basi della nuova disciplina che per il primo periodo rimarrà anonima. La sua prima allieva fu una giovane ragazza di nome Yim Ving Tsun, che viveva in un piccolo villaggio dove la monaca si recava per approvvigionarsi del necessario per vivere.

Questi era preda delle attenzioni di un giovanotto locale che la voleva in sposa a tutti i costi, ma che era anche considerato un furfante, particolare che non piaceva alla giovane Yim.

Un giorno la monaca vide la scena in cui i due ragazzi litigavano e dove lui la faceva da padrone, utilizzando tutta la sua aggressività. Presa da un senso di protezione decise di insegnare a Yim Ving Tsun ciò che aveva appreso e, dopo un periodo di formazione, la giovane riuscì ad avere la meglio in uno scontro con lo sbandato spasimante, che voleva farla sua con la forza.

Da quel momento in poi il Ving Tsun iniziò ad essere conosciuto e il nome della ragazza venne attribuito al sistema, dopo la morte della stessa, dall’uomo che la ebbe in seguito come sposa, al fine di onorarne il nome.

Quindi questa disciplina è stata creata da una donna, che mediamente non possiede una grande forza muscolare.

Questo ci porta alla conclusione che sia adatta a tutti, uomini e donne di qualsiasi struttura fisica. E questo è un fatto assodato in quanto tutti i movimenti si basano su scioltezza, velocità e potenza esplosiva, fattori che non sono dipendenti direttamente dalla massa muscolare.

Sifu Luca Bertoncello – Coordinatore Nazionale Ving Tsun Academy Int’l

Potrebbe interessarti anche...

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.