Il male? Banale e cattivi si diventa

di Micaela Faggiani

Dal libro di Hannah Arendt “La banalità del male” ad una riflessione sul “cattivo” di oggi e sulla costruzione attiva del bene

Banale come scrisse Hannah Arendt negli anni ’60, dopo aver seguito,  per lavoro, il processo di Adolf Eichmann, un criminale nazista.

Un libro che ha voluto leggere e commentare con noi Luca Lideo, laureato in filosofia e iscritto alla facoltà di Storia all’Università di Padova, dal 2006  operatore del Centro Servizi Volontariato di Padova occupandosi di consulenza e promozione del volontariato.

Perché è un libro non solo attuale, ma importante per comprendere molti aspetti della realtà, in particolare della violenza che troviamo un po’ ovunque e non solo nelle prime pagine dei giornali.

“Questo è un testo classico della filosofia del ‘900 interessante – spiega Lideo – che trae spunto della fine della seconda guerra mondiale ma che entra poi nel concetto profondo della banalità del male.

Noi solitamente ci immaginiamo che chi commette per esempio un omicidio o un reato sia un mostro, “non sia come me”. In realtà la Arendt ci presenta un mondo dove il male è banale, dove non si nasce cattivi ma lo si diventa.

Troppo spesso noi pensiamo…a me non può succedere. Non è così,  ci sono tutta una serie di fattori culturali, familiari,  ambientali che portano anche l’insospettabile a commettere reati

Una riflessione questa, a partire dal libro, che ai allarga anche al tema della violenza sulle donne e alla violenza in generale.

“La violenza sulle donne – continua Luca – è una violenza subdola. Succede nella maggior parete dei casi nell’ambiente familiare. E questo rende problematico il riconoscimento dell’ atto violento e lo rende più giustificabile da un certo punto di vista. E quindi riconoscere che il male è banale è  da un lato molto complesso ma dall’altra parte è necessario. Quindi bisogna tenere alta la soglia di attenzione perché ovviamente, senza allarmismi, è evidente che non bisogna sottovalutare alcuni comportamenti non violenti che a volte  sono l’incipit della violenza

La domanda che sorge spontanea è dunque questa.

Se non si nasce cattivi ma lo si diventa come cercare di diventare “buoni” in maniera attiva e non rimanere passivi e farsi influenzare dai fattori esterni?

La responsabilità individuale c’è senza ombra di dubbio, non può esserci la giustificazione dell’essere cresciuto nel tale contesto sociale e familiare. Non esiste il naturalmente cattivo né buono, ognuno ha la responsabilità di quello che fa, come in tutte le cose”

E vista la professionalità di Lideo, all’interno del mondo del volontariato e del terzo settore l’altra domanda è dunque su come si costruisce il bene, attivamente parlando.

Il bene come si costruisce tutti i giorni, con  piccoli gesti non con azioni eclatanti. È banalmente il prendersi cura dell’altro.

Chi fa volontariato è perfettamente inserito nella società, è un cittadino consapevole di adempiere e dare risposta ai valori inseriti anche nella nostra  costituzione. Preferisco parlare di cittadini responsabili più che di volontari, che hanno la consapevolezza dell’altro e quindi il bene lo fanno ogni giorno.

Tra l’altro chi è in associazione deve portare  rispetto alle regole. Noi viviamo in un mondo anarchico ma l’associazione detta le regole al singolo rispetto all’altro.

Noi tra l’altro in Italia siamo fortunati perché le associazioni hanno un ruolo importante nel tessuto sociale e il nostro paese è uno dei pochi ad avere una normativa del terzo settore molto all’avanguardia da questo punto di vista e ad avere una legge quadro sul volontariato.

E questo significa che la politica a suo tempo con la riforma si è organizzata per rendere possibile il volontariato associativo.

E per associazionismo non parliamo solo di assistenzialismo ma di un mondo che fa cultura, politica, migliaia di cose e tutte insieme concorrono al bene della collettività.

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