Afghanistan: tragedie interne e scompiglio internazionale

di Redazione

La privazione delle libertà fondamentali, le discriminazioni etniche e di genere, il collasso economico e la complessità del dialogo internazionale, che fatica addirittura ad giusti interlocutori. Un quadro dell’Afghanistan di oggi.

Dal 15 Agosto l’Emirato Islamico dell’Afghanistan, retto da un governo provvisorio di nuovi talebani è una realtà. Hanno conquistato Kabul senza nessuna fatica, insinuandosi facilmente tra le maglie larghe di un esercito fantoccio e poco convinto di soldati senza una guida né governo, che si è squagliato prima che fosse tardi. Una fuga meschina e forse inevitabile, certamente imbottita di denaro, denaro degli aiuti internazionali che sono stati intascati da una classe politica a dir poco corrotta.

Per chi è rimasto un velo di terrore è calato pesante e ineluttabile. Divieti, editti, proclami e violenze si sono susseguiti in queste settimane da parte un esercito di giovani armati, scalmanati, fondamentalisti talebani.

La musica è vietata, cinema teatri e musei sono chiusi. Dopo un’iniziale chiusura totale, le scuole sono state riaperte, così pure l’università, ma le ragazze non possono più frequentarle, dopo i dodici anni per le donne afgane la strada obbligata è il matrimonio combinato, la cura della casa e il concepimento di figli. E poi ancora divieti: le donne non possono uscire di casa senza essere accompagnate da un mahram (parente stretto maschio), non possono andare in moto e in biciletta, non possono praticare sport, non possono partecipare a feste, né filmare o fotografare. Non possono più esistere bagni pubblici per le donne. Sono obbligate ad indossare abiti lunghi e teste completamente incappucciate da veli totali che coprano anche il volto, meglio ancora il burqa. Questo è l’editto.

Tutte le ragazze che prima lavoravano sono state licenziate, nessuna donna si vede più negli uffici, nei negozi, nei luoghi pubblici e nessuna può essere visitata da un medico maschio. Di fatto diventerà impossibile essere curate, dal momento che se le donne non potranno studiare, non diventeranno medici, quindi non potranno curare altre donne.

Le conseguenze di tutto questo sono nefaste, non solo per la privazione delle libertà e dei diritti, ma anche perché in tanti casi, con i loro stipendi contribuivano al mantenimento di intere famiglie, e in Afghanistan le famiglie sono numerose, composte da dieci, anche quattordici persone tra bambini, adulti e anziani.

La lotta per la riconquista della libertà oggi si fonde con la lotta è per la sopravvivenza.

Le donne afgane emancipate e coraggiose ci hanno provato, sono scese in strada a manifestare e sono state aggredite da uomini armati che non hanno esitato a disperdere le manifestazioni con la minaccia delle armi e la violenza. Kabul ha più di cinque milioni di abitanti, per quanto in un’economia che si basava per il 60% sugli aiuti internazionali che oggi sono completamente sospesi, era in fermento, invece oggi è un agglomerato urbano caotico e pericoloso, dove l’economia è paralizzata, priva di scambi perché le frontiere di fatto sono chiuse, solo baratto e mercato nero. Mentre nelle campagne sta arrivando l’inverno che da quelle parti è rigido, è già scesa la prima neve che renderà impossibili i trasporti, oltre che impossibile difendersi dal freddo.

E in tutto questo la comunità internazionale cosa fa? Si dibatte, intanto nel tentativo di riunire tutti i capi di stato attorno allo stesso tavolo, Cina, Russia e Turchia comprese, cosa non facile. Non tutti hanno le stesse posizioni, nessuno sembra voler riconoscere l’autoproclamato governo talebano, ma tutti sanno che è una foglia di fico, perché è con gli “studenti coranici” che si deve trattare. Sebbene abbiano dichiarato e dimostrato con i fatti di voler governare il paese con la legge della Sharia che cancella qualsiasi diritto per le donne e i bambini, e non fanno segreto di aver riportato la legge del taglione. Il taglio delle mani, sì, esattamente quello. Senza processo ovviamente, se non sommario e in piazza.

Ma perché trattare? Per porre fine ai combattimenti che ancora impazzano nelle provincie afgane, per creare corridoi umanitari per i rifugiati, per cercare di non far perire nella più drammatica emergenza umanitaria per fame e mancanza di cure i poveri, davvero poveri, cittadini afgani. Inermi confusi, impotenti e in balia degli avvenimenti che in nessun modo possono controllare, forse nemmeno capire. E per stabilizzare l’area che sta diventando un vivaio per il proliferare dei gruppi terroristici di matrice islamista più sanguinari degli stessi talebani, come Isis-K e al-Qaida, i quali stanno continuando a colpire con attentati sul territorio (vedi attacchi jihadisti alle moschee sciite dell’ultimo mese nei quali hanno perso la vita centinaia di persone) e sono una minaccia anche per la comunità internazionale.

Trattare per scambiare aiuti economici necessari in cambio del riconoscimento di diritti umani basilari. È l’unica arma possibile per la comunità internazionale.

L’alto commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR), l’italiano Filippo Grandi nel corso della sua visita dello scorso 14 settembre a Kabul, ha incontrato rappresentanti del governo afghano e ha dichiarato: “Abbiamo discusso questioni critiche come garantire che il personale femminile possa tornare al lavoro in sicurezza, l’importanza dell’istruzione per tutti i bambini afghani e la sicurezza di tutta la popolazione, incluse le minoranze”.

Ma poi è ripartito e in Afghanistan, dove l’unico interlocutore internazionale al momento risulta essere proprio le Nazioni Ulite, ha lasciato alla guida della organizzazione una donna, Caroline Van Buren: con chi parleranno i talebani per ricevere gli aiuti umanitari? Con lei evidentemente.

Dovranno quindi riconoscere l’autorità di una donna, il suo valore, il suo peso, e saranno costretti a trattarla con la dignità e il rispetto che le è dovuto. Non ci trovate qualcosa di straordinario in questo segno del destino? A noi piace vedere anche uno spiraglio di speranza.

Articolo di Pamela Ferlin

Potrebbe interessarti anche...

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.