I diritti dei bambini, una priorità ovunque. Dall’Italia ad Haiti

di Francesca Campanini

Un incontro a tema con Antonella Attili, Donatella Vergari, Elisa Venturini e Cristina Piva per far valere i diritti dei più giovani. In Italia, ad Haiti grazie a Terre des Hommes e in ogni angolo del mondo

I diritti dei bambini non hanno confini. La loro tutela va realizzata a casa nostra, qui in Italia, così come in qualsiasi angolo del mondo. Lo sa bene Antonella Attili, attrice e ambassador di Terre des Hommes, una fondazione che dal 1960 è attiva nell’ambito della Child Protection, che lancia un appello: “Credo che ci sia bisogno di una coscienza civile e sociale, di un po’ più di umanità, di apertura verso il prossimo per cercare di capire quali sono i nostri grandi privilegi. Pensare che con poco noi possiamo fare tantissimo. Spesso questo viene valutato come qualcosa che si può dimenticare: lo vedo, ne vengo colpito, ma non me ne faccio carico perché è lontano da me, è altro da me… Ecco io credo che si debba cambiare questo pensiero: non è lontano da te, non è altro da te e puoi fare tantissimo, anche con pochissimo!.

Quando le viene chiesto come mai abbia deciso di impegnarsi con Terre des Hommes, Attili risponde: “In primis mi è sembrata un’organizzazione molto seria: è da più di cinquant’anni sul territorio dell’America Latina. Mi è sembrato doveroso impegnarmi nel sociale, se ho la possibilità di farlo, di non usare i social o la popolarità solo per quello che riguarda il mio mestiere, ma insomma interessarmi al mondo. Ero anche un po’ stufa, e lo sono ancora, di gente che continua a dire ‘Questo mondo fa schifo’, ‘Non si fa niente’… Bhe, se il mondo fa schifo allora fai un po’ schifo anche tu, ho pensato. Siamo tutti responsabili”.

Antonella Attili ci dice questo dalle poltroncine verdi nella saletta dello storico Caffè Pedrocchi a Padova, durante un incontro moderato da Micaela Faggiani con l’assessore alle politiche educative e scolastiche del Comune di Padova Cristina Piva e la consigliera regionale del Veneto Elisa Venturini.

Il tema è uno e chiaro: qui come altrove, come mettere in atto un’azione concreta per tutelare bambini e ragazzi?

Si parla dell’importanza di mettere al centro i giovani, di ascoltarli, di prendersi cura della loro sfera emotiva, delle necessità di parlare delle situazioni di violenza soprattutto familiare e di combatterle.

A fornire uno spaccato della realtà al di fuori del contesto italiano è Donatella Vergari. Collegata in diretta da Haiti, la presidente di Terre des Hommes Italia ci fornisce una testimonianza delle difficili condizioni in cui i bambini haitiani vivono, condizioni tra l’altro recentemente aggravate dai terribili disastri ambientali.

Spiega Donatella Vergari: “La situazione è che dopo il terremoto del 14 agosto fortunatamente molte scuole sono rimaste in piedi, ma alcune hanno dei grossi danni, parti che sono state distrutte o crollate, insomma non sicure. Le classi sono ridotte dal punto di vista dell’accoglienza dei bambini. Poi noi in particolare lavoriamo con il carcere dei minori, che poi in realtà non è uno specifico carcere dei minori: è un carcere normale in cui c’è una sezione minori”.

Sullo sfondo dell’emergenza di queste settimane c’è la generale situazione di disagio e difficoltà economica che caratterizza parte del tessuto sociale haitiano e tocca da vicino i bambini, soprattutto quelli che, pur avendo i genitori, finiscono negli orfanotrofi.

Stanchezza e paura sono ciò che noi riscontriamo nei ragazzi, sia in quelli in carcere sia nei ragazzi di quello che noi chiamiamo ‘affido familiare’, che è il tentativo di togliere il più possibile i bambini dagli orfanotrofi. Negli orfanotrofi ce ne sono una quantità indescrivibile: si parla in quella zona di più di seicento bambini, ma in tutta Haiti sono migliaia. Bisogna cercare di toglierli dall’orfanotrofio perché è un luogo assolutamente difficile per i bambini. Spesso non sono degli orfanotrofi veri, nel senso che molti di quei bambini non hanno effettivamente perso i genitori. Sono orfanotrofi dove le famiglie meno abbienti, quelle che sono proprio allo stremo, portano il figlio e dicono ‘Arrangiatevi, poi l’anno prossimo se posso vi aiuto, vi do un contributo’ ” – racconta Donatella Vergari.

Questa la criticità delle condizioni di vita dei bambini dall’altra parte del globo, ma in Italia che succede? Antonella Attili sottolinea che non si può abbassare la guardia e pensare che le problematiche appartengano solo ad altri mondi: “Noto che parliamo spesso di altre realtà, di immigrati, ma la violenza è anche nelle famiglie italiane e non ne parla nessuno.

I numeri che mi hanno fatto impressione parlano di situazioni non molto lontane da noi: l’ultima ragazzina ammazzata è stata a Reggio Emilia.

Parliamo di una violenza diffusa, all’interno delle famiglie e che provoca situazioni di disagio forte, che proviene probabilmente da sofferenza economica, isolamento, fattori culturali, non so…

A me spaventa e impressiona più questo in realtà. Quindi bisogna cominciare a dirlo: siamo anche noi un paese che ha episodi di violenza forti! Una donna viene uccisa ogni tre minuti in Italia!”.

L’impatto che tutto ciò ha sulla dimensione psicologica dei bambini è enorme.

Per questo motivo è necessario che in primis la scuola, in cui i giovani vivono gran parte del loro tempo, sia pronta a cogliere i segnali, si impegni a creare luoghi di ascolto, comunicazione e crescita emotiva.

Perché come spiega la Consigliera del Veneto Elisa Venturini: “L’intelligenza emotiva è un aspetto che attualmente viene trascurato. Se si intervenisse a livello scolastico a insegnare ad avere rispetto, a relazionarsi con le altre persone… il rispetto nei confronti delle donne verrebbe da sé, perché si insegnerebbe il rispetto a prescindere, nei confronti di qualsiasi persona. Ѐ questo l’ambito in cui dobbiamo intervenire.

Perché quando si è adulti si possono fare tante attività, ma quello che hai seminato prima, quando eri bambino o ragazzo fa la differenza. Anche in questo caso riporto la mia esperienza da amministratore locale: ci sono degli spazi di ascolto nelle scuole, ci sono bravi insegnanti… I segnali di disagio e di malessere si vedono nei ragazzi, sta poi alle istituzioni cercare di tradurli e non girarsi dall’altra parte, non limitarsi al rendimento scolastico, ma andare proprio sull’aspetto relazionale e familiare.

Ѐ una fatica? Sì, grande. Gli assistenti sociali fanno fatica? Sì, tantissima. Però questi sono gli strumenti di cui disponiamo”.

A confermare questa prospettiva e questo approccio anche Cristina Piva, assessore del Comune di Padova: “Davvero io credo che ci sia bisogno di un’educazione emotiva, è proprio l’animo umano che deve essere compreso… Il ragazzo a volte ha paura delle sue stesse emozioni, quando si spaventa di quello che vuole e non sa come reagire… Le emozioni devono essere accolte per quello che sono, guidate e focalizzate. Ѐ proprio quando manca questa capacità di direzionarle che succedono i terremoti interiori nei ragazzi. Quante volte sentiamo anche di bullismo, di violenza tra ragazzi… Sono questi i campanelli d’allarme che ci fanno capire quanto bisogno ci sia di un’educazione sentimentale. Spesso si offre un po’ di tutto ai ragazzi ma non l’ascolto, l’ascolto anche in famiglia manca tantissimo. Bisogna saper ascoltare più che dire o parlare. L’ascolto è già tantissimo, poi viene anche il resto. Ma se qualcuno ti sa ascoltare vuol dire che ha attenzione verso di te e ha amore verso di te… questo credo che il ragazzo lo percepisca”.

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