Catturare l’anima con uno scatto

di Francesca Campanini

Con Barbara Pigazzi la fotografia diventa una terapia attraverso cui ritrovare se stessi, soprattutto per le donne

Viviamo nell’epoca delle immagini, eppure da quanto tempo non ci fermiamo a guardarci? Reel postati su Instagram e foto in bacheca su Facebook: ritratti di noi stessi in cui ci esponiamo solo per nasconderci. 

Non è questo ciò di cui parla Barbara Pigazzi, fotografa padovana che, regolando il diaframma della sua fotocamera, punta a scattare fotografie che tolgono il respiro a chi le guarda, ma sono anche una boccata d’aria fresca per i soggetti che si fanno ritrarre. 

Barbara Pigazzi fotografa | Fuori la Voce
Barbara Pigazzi

Fotografia come terapia

Così Barbara Pigazzi descrive la sua missione: “Soprattutto in questo momento così fragile che stiamo vivendo molte donne sono chiuse, anche nella loro casa, perché non hanno la fortuna magari di fare un lavoro a contatto con altri esseri umani con cui si possono confrontare. Rischiano il crollo totale. La fotografia, per come la intendo io, diventa una pranoterapia, una terapia a tutti gli effetti. Aiuta a sentirsi meglio e soprattutto a riconoscersi. Ben venga anche la casalinga che è fiera di essere una casalinga… Ma è utile soprattutto a donne professioniste che sono molto impegnate durante la loro giornata, con il lavoro, ma non solo quello lavoro professionale, anche con tutto il carico che si devono portare: famiglia, figli, cani, gatti, mariti, amanti…”.

Si è perso assolutamente il concetto di identità, cioè l’essere umano single, in coppia, con figli, senza figli…  che decide di farsi dei ritratti non c’è più, non c’è questa cosa, ma è molto importante per la nostra identità. – racconta PigazziFarsi fotografare significa sentirsi più libera, sentirsi più bella anche. Perché tutte le donne amano sentirsi… Tutti gli esseri umani amano sentirsi amati! Le donne poi sono gli esseri più puri, più… Non voglio dire ‘fragili’… Anzi lo voglio dire! Perché la fragilità non è intesa come debolezza, ma come forza. Insomma, la fotografia è un lusso? Vogliamo dire che è un lusso? Sì. È una coccola, è un abbraccio”. 

Barbara Pigazzi fotografa 1

Identità e bellezza

Quando ci siamo recate al suo studio fotografico, telecamera alla mano e pronte per intervistare Barbara Pigazzi, ecco che l’intervista è diventata una chiacchierata. La direttrice Micaela Faggiani è diventata l’oggetto dei ritratti ma, tutto d’un tratto, anche delle domande. Barbara Pigazzi da fotografa è diventata anche interprete della personalità umana. Identità, nei suoi lavori, fa rima con bellezza, perché le frasi secondo le quali “ognuno è bello dentro” o “è bello a modo suo” sono un clichè, ma i clichè molto spesso sono veri, nel senso che contengono verità profonde che dobbiamo riscoprire. 

Micaela Faggiani e Barbara Pigazzi fotografa 4

Che cos’è quindi la bellezza di cui Pigazzi parla? È questa! È la meraviglia! Non è nella perfezione dell’essere umano: perché hai gli occhi azzurri, perché sei bionda, perché hai delle gambe lunghe… No, è questa… è questo donarsi, che è meraviglioso, è questa bellezza così fragile ma al tempo stesso forte – risponde risoluta Barbara – Quello che hai fatto tu oggi è un gesto molto importante, è un atto di fiducia. Io già ti conoscevo, ma non ti conoscevo così bene… Ti sei completamente messa a nudo, dando piena fiducia al mio sentire. Non so dirti se sono stata brava o non brava, se è una bella o non bella foto, però so una cosa: dentro quella macchina fotografica c’è una vera Micaela.

La storia di Micaela

E così l’intervista si trasforma in uno scambio di esperienze e di emozioni. Barbara Pigazzi, infatti, prosegue: Io parto sempre dalla natura, la natura mi ha insegnato ad essere così: sensibile verso gli esseri umani. Però adesso la domanda te la faccio io! Visto che sono stata attratta da un punto tuo molto, molto forte, che mi ha colpito quando hai tolto le calze… In quel momento ho deciso che volevo assolutamente avere queste immagini di te… Lo possiamo anche dire? Ma dovresti dirlo tu!”. 

Ecco che l’intervistatrice diventa l’intervistata, così Micaela Faggiani comincia il racconto: “Sì, mezzo dito rotto e tolto un po’ di anni fa, per un incidente stradale in moto, in cui appunto mi hanno tranciato le dita dei piedi… Quindi ho un dito con una falange in meno, che mi porto dietro dopo questo incidente. Per me è difficile da far vedere, perché è una parte di me che io ritengo non sia mia… Nel senso che non ero così ma sono diventata così. Comunque mi hanno salvato il piede, mi hanno salvato le dita… Quindi dovrei essere felice di questo!”. 

Quindi diamo importanza alle ferite, mettiamo oro su queste ferite…” – replica Pigazzi, in attesa della risposta di Micaela.

È per quello che l’hai voluto fotografare?

Sì…” – conclude Barbara.

Con questo scambio di battute tra Barbara e Micaela si conclude l’intervista, lo shooting e il pomeriggio. In quel momento il senso del lavoro della fotografa diventa evidente, comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Le spiegazioni che ha dato riguardo al significato che attribuisce alla bellezza e all’importanza del fissare la propria identità in una fotografia acquistano consistenza, concretezza, quando capiamo il significato che lei stava attribuendo a quegli scatti da ore, mentre a noi era sfuggito fino a quel momento.

Potrebbe interessarti anche...

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.