Fenomeni migratori in Italia, tra percezione e realtà

di Francesca Campanini

Pluralismo culturale, matrimoni misti, bilinguismo e riequilibrio demografico. Il sociologo e professore Stefano Allievi ci parla dei dati reali dell’immigrazione e degli effetti che essa produce nella nostra società

Le migrazioni sono il tema caldo dei nostri anni. Se pensiamo ai telegiornali, ai talk show di attualità, alle prime pagine dei quotidiani ricorderemo titoli ad effetto, immagini shockanti di tragedie umanitarie ed editoriali discutibili.

L’intensità di questo dibattito però ha fatto sì che si consolidasse una percezione distorta del fenomeno, che il sociologo e professore dell’Università di Padova Stefano Allievi insiste nel voler chiamare “mobilità umana” piuttosto che “immigrazione”. Gli abbiamo quindi chiesto di fare chiarezza su alcuni punti riguardo ai cambiamenti che i flussi di persone, in entrata e in uscita, hanno prodotto nella società italiana.

A proposito di percezioni distorte, il professor Allievi inizia sfoderando dei numeri: “Tanto per cominciare ci sono i dati. Gli italiani credono che gli stranieri siano mediamente il 30% della popolazione e che i musulmani siano il 20%. In realtà gli stranieri sono il 10% circa e i musulmani il 3%.

Inoltre, credono che siano di più gli irregolari dei regolari, mentre invece è verissimo il contrario. – e prosegue – Poi c’è lo specifico della percezione rispetto al livello di istruzione e lavoro. Per quanto riguarda l’istruzione, c’è un’incomprensione del fatto che ci sia una over-qualification, cioè che molti facciano lavori che corrispondono al ribasso al loro titolo di studio.

In ambito strettamente lavorativo, l’incomprensione riguarda il fatto che lavorando tengono in piedi interi settori dell’economia. C’è un’immagine appiattita sul nullafacente arrivato con i barconi che sta aspettando la risposta per la sua domanda d’asilo, mentre invece la stragrande maggioranza è regolare, lavora, paga le tasse”.

Altro aspetto fondamentale, che però solitamente non è oggetto del chiacchiericcio riguardo ai porti chiusi, è la questione demografica. Stefano Allievi ci illustra gli effetti positivi dei flussi migratori da questo punto di vista: “Dagli anni ’80 ad oggi gli stranieri hanno contribuito in maniera significativa all’equilibrio, o al minor disequilibrio, di quella che una volta era la piramide demografica.

Se non ci fossero stati gli immigrati oggi saremmo poco più di 40 milioni, molto più vecchi, molto più malati, con molta meno popolazione attiva, quindi con meno lavoratori e meno bambini”.

A prova del contributo importantissimo della forza lavoro immigrata nel nostro sistema produttivo c’è il fatto, come riporta il professore, che in alcuni settori essa sia presente per il venti, trenta o addirittura 40% del totale dei lavoratori.

Ma questione lavorativa a parte, qual è il valore aggiunto che le persone immigrate possono offrire alla nostra società?

Io da un lato non amo i discorsi retorici sulla bellezza in sé della pluralità o cose di questo genere, constato però che ci sono dei valori aggiunti totalmente incompresi. L’idea è che la diversità che noi percepiamo come un problema in realtà sia un arricchimento, lo dimostra per esempio la diversità linguistica.

I bambini e i ragazzi bilingue delle famiglie miste hanno un valore aggiunto. Il pluralismo culturale dà poi la possibilità per esempio di aprire canali di import-export molto significativi, c’è persino un tipo di conoscenza che è utile a livello diplomatico e c’è tutto un insieme di conoscenze, che fanno parte del mondo culturale e anche di quello scientifico – pensiamo alla medicina, alle cosiddette “cure alternative” – o semplicemente la diversità nei costumi…

Tutto ciò ha questo significato: non si dovrebbe dare per scontato che la nostra scelta culturale sia sempre e necessariamente la migliore”.

E come diventarne più consapevoli, anche a livello collettivo?

Una delle cose che cambierà il nostro rapporto con gli immigrati è il fatto che non sono più semplicemente immigrati. Abbiamo le seconde generazioni, che sono tali anche per gli autoctoni.

Prof. Stefano Allievi
Prof. Stefano Allievi

Mi spiego: è un po’ come la questione dei nativi digitali e degli immigrati digitali.

Noi diciamo che i nativi digitali sono i nostri figli, che sono nati quando internet c’era già e gli immigrati siamo noi, che abbiamo dovuto imparare…

Ecco, rispetto alla pluralità culturale ho l’impressione che stia accadendo la stessa cosa: gli immigrati di prima generazione e noi che li abbiamo visti arrivare siamo gli immigrati della pluralità culturale, mentre i nostri e i loro figli sono i nativi della pluralità culturale, perché dall’asilo, dal nido sono insieme, fanno sport insieme, vanno a scuola insieme”.

Emerge inoltre come le esperienze di vita, soprattutto all’estero, influenzino le loro opinioni, come spiega Stefano Allievi“I risultati dei sondaggi fatti agli italiani all’estero mostrano che il loro parere sull’immigrazione è completamente diverso rispetto a quello degli italiani in Italia.

Lo stesso per le loro opinioni sull’Unione Europea, sul cosmopolitismo, sulla libertà di viaggiare, sulla contrarietà ai muri…

Tra l’altro mostrano di volersi “mischiare”. Mi ha colpito qualche tempo fa una ricerca fatta sugli italiani che erano stati in Erasmus a studiare, in cui è stato scoperto che tra questi ragazzi oltre il 30% si era sposato con una persona di un paese straniero, lingua, cultura, religione e così via.

Il che ci dice anche questo: che noi magari siamo abituati a contemplare il nostro ombelico e se contempliamo sempre e solo il nostro lo troviamo il più bello del mondo. Ma spesso capita, magari per caso o per sbaglio, di scoprire che anche l’ombelico altrui ha un suo significativo elemento di interesse”.

Di ciò però pare che se ne accorga anche una fetta degli italiani in Italia, infatti si parla di una media del 15% di matrimoni misti all’anno sul totale delle unioni, nel nostro paese: “Ѐ vero che c’è una quota di popolazione che detesta la diversità, odia gli immigrati, ma c’è anche una fetta di popolazione che la ama così tanto che se la sposa! Mi sto riferendo ai matrimoni misti. Questo ha delle implicazioni, perché anche loro hanno dei figli, a loro volta abituati a una maggiore diversità, religiosa, etnica ecc…”. 

Per questo il professor Allievi sottolinea come non si dovrebbe considerare il dibattito mediatico sul tema delle migrazioni, pur stando la sua influenza sull’opinione pubblica, come lo specchio che riproduce perfettamente tutte le sfaccettature del sentimento nazionale in merito.

Ho la sensazione che l’immagine dell’immigrazione che c’è sui media mainstream non corrisponda necessariamente all’immagine che ne hanno gli italiani. Corrisponde all’immagine che ne hanno gli italiani che sono contrari o che urlano di più. Ѐ un problema che si ripresenta sempre nella società: chi è contro ha una visibilità spropositata rispetto a chi è favorevole!”.

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