Ci sono tanti modi per essere madri

di Micaela Faggiani

Madri per scelta, childfree, childless, madri adottive, madri surrogate, madri putative. In un webinar i diversi modi di essere o non essere madri, senza giudizi

Ci sono tanti modi di essere madri.

Una parola, una figura, un ruolo che non può essere declinato in un’unica maniera.

Perché madri lo si è biologicamente parlando, ma lo si può essere anche solo legalmente o ancora acquisendo il ruolo

Madre a volte si vorrebbe esserlo ma non si riesce, o lo si diventa ma tutto ad un tratto, non lo si è più. O anche, non lo si vuole essere, non ci si sente madri, si sceglie di non fare figli, si sceglie di abortire. 

Di storie di mamme se ne potrebbero scrivere tante e diverse e comunque non risponderebbero a un’unica sfumatura.

Perché l’universo della maternità non sta dentro alcuna categoria, va sempre oltre. 

Non c’è un’unica maternità, non c’è l’essere madre con la “M” maiuscola. Spesso proprio questo essere tante cose genera attrito e diversità di posizioni, soprattutto tra le donne.

Ne ho parlato, in un webinar organizzato per il Cantiere delle donne, con una collega, giornalista di Io Donna Michaela K. Bellisario, già autrice di “Parlami di lei www.ibs.it/parlami-di-lei-libro-michaela-k-bellisario/e/9788860527967 un libro sulla maternità tanto attesa e poi negata, con tutto quello che ne consegue, che c’era prima e che ci sarà dopo.

Perché di fronte a un articolo sulla maternità della scrittrice Ritanna Armeni proprio all’interno del Cantiere delle donne non sono mancati il dibattito e i toni forti, alcuni anche “al limite”, frutto di ben 164 commenti ad un post. Ne pubblichiamo solo alcuni coprendo nomi e cognomi delle autrici. 

Di spalla anche l’articolo “incriminato” della Armeni, pubblicato sul Foglio, che lei stessa definisce una contro-inchiesta, perché la “colpa” del calo demografico lo attribuisce proprio alle scelte delle donne. www.ilfoglio.it/politica/2021/05/17/news/i-figli-che-non-vogliamo-2397564/

Donne che hanno risposto nella maggior parte dei casi “Figli? Non ho alcuna intenzione di farne” e  “Non sono nei miei programmi, in futuro, forse”.

Allora ho voluto interpellare chi ha vissuto, come Michaela K. Bellisario, una maternità nella pancia per nove mesi, persa poi in poche ore.

Questa è la storia di Michaela, che ha partorito una bambina che qualche ora dopo non ce l’ha fatta.

Mamma per poco e mai più mamma, perché poi i figli non sono arrivati, si è messa l’età, il lavoro, un cambio di compagno… Oggi Michaela è però “mamma putativa”, come si definisce lei, della figlia del suo nuovo compagno, diventato poi marito. 

Assieme a lei ho parlato anche con Claudia Rabellino Becce, avvocata e co-autrice assieme alla Bellisario di un altro bel libro: Felici a 50 anni, un libro-manifesto per vivere tutte le potenzialità della “golden age”.

Anche Claudia ha una storia da raccontare sulla maternità, lei che ha provato sulla sua pelle l’esperienza dolorosa e pesante della procreazione assistita, riuscendo dopo un percorso lungo e difficile a diventare madre di due gemelli e oggi è “mamma” 4 volte visto che lo è,  tra virgolette, dei figli del suo compagno.

Terza ospite e terza storia di maternità quella della consulente e curatrice editoriale Daniela Rossi (che troviamo in questo terzo numero di Fuori la voce all’interno della redazione!), mamma adottiva.

Tre modalità di maternità e tre storie di vite diverse che si sono confrontate, senza giudicarsi. “Non tutte le maternità finiscono bene, ma non te lo dice nessuno, perché è come se ci fosse un tabù sociale attorno a questa disgrazia, che in termini tecnici si chiama lutto perinatale”. Queste le parole di Michaela Bellisario, che snocciola anche i numeri delle donne che in Italia purtroppo vivono questa tragedia, 2 milioni ogni anno. 

Carolina, questo il nome di mia figlia, è morta venti ore dopo la nascita per un virus che si è addentrato nei polmoni prima che nascesse. La mia in poche parole è stata una maternità negata. Per uscire da quel dolore ci è voluto tanto tempo e sono passata attraverso molte esperienze. per arrivare oggi ad affermare con consapevolezza che si può essere madri comunque di un progetto o di un’iniziativa, di altri bambini che non sono tuoi, come è successo a me che condivido con mio marito sua figlia, avuta da un precedente rapporto di coppia”.

Io sono mamma di due figli acquisiti dal nuovo matrimonio – racconta Claudia – però per il mondo e la società sono childless, sono comunque una mancanza. Sono fuori categoria perché non posso rispondere alla classica domanda ‘Hai figli?’. Purtroppo la maternità è ancora un elemento di definizione primaria, è scontata nella nostra cultura, molto cattolica. La gente ti guarda quasi con pena se racconti di non essere riuscita ad aver figli”.

E a sottolineare la diversità del non essere mamma canonica è anche Daniela. 

Anche quando adotti un bambino ti guardano come se fossi diversa, perché secondo gli stereotipi la donna è legata alla procreazione”.

Eppure la maternità è prima di tutto una scelta.

Io stessa – continua Michaela  – sono arrivata alla maternità a quarant’anni, perché ammetto di aver anteposto la mia carriera e l’arrivo della persona giusta ad un figlio, e spesso questo match non combacia con l’età più fertile. In ogni caso io ho pieno rispetto anche di decide di non aver figli, le cosiddette chidfree”.

E a proposito di scelte non si può dimenticare nemmeno la maternità surrogata.

Ha fatto sicuramente parlare la decisione dell’ex top model Naomi Campbell che, a cinquant’anni passati, così come aveva promesso a suo tempo, ha scelto di diventare mamma, da sola. Così come ha fatto qualche anno fa anche l’italiana Gianni Nannini o pochi mesi fa anche la cantante catanese Carmen Consoli.

È un tema molto vasto – commenta Michaela – dico solo che questo, da mamma single, è una scelta difficile per le persone normali, per capirsi quelle non del jet set mediatico, ma comunque una scelta personale, con un vissuto alle spalle”.

Io ho vissuto la procreazione assistita sulla mia pelle – attacca Claudia – ho conosciuto proprio attraverso questa esperienza tante donne che come me hanno intrapreso una strada difficile, sia fisicamente che psicologicamente. Poi ho dovuto abbandonare, come fanno tante altre donne, perché in alcuni casi diventa accanimento terapeutico. In ogni caso è un lutto anche questo da elaborare”.

C’è la mamma di pancia e la mamma di cuore – termina Daniela – lo spiegano sempre  nei corsi per genitori adottivi. Ma è un concetto che vale per tutti. Osho diceva che c’è la mamma, quella che ti mette al mondo e la madre, quella che ti accudisce, che ti starà sempre vicino e ci sarà sempre. A volte sono la stessa persona, a volte no. Ma al primo posto rimane comunque sempre il cuore, quello che sente  e prova l’amore materno”.

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