Una Rettrice donna dopo 800 anni

di Micaela Faggiani

Daniela Mapelli dal 1 ottobre è ufficialmente la nuova Rettrice dell’Ateneo Patavino, dopo 800 anni di storia che verranno festeggiati proprio tra il 2021 e il 2022. Molte le sfide

Il 1 ottobre è diventata ufficialmente Rettrice dell’Università di Padova la Professoressa Daniela Mapelli. E come Fuori la voce non potevamo non intervistarla.

E’ la prima donna rettrice dalla nascita dello storico ateneo patavino.

E’ docente presso il Dipartimento di Psicologia generale e direttrice del master in Neuropsicologica Clinica.

“Le emozioni sono state tantissime e diverse – racconta la Mapelli –  Un’emozione al momento della nomina, lo scorso 18 di giugno scorso e un’emozione, quella del 1 ottobre, che sancisce ufficialmente il mio ruolo di guida della nostra università per i prossimi 6 anni.

 Il primo ottobre è una data importante per molti motivi.

L’inizio del mio rettorato infatti coincide con il lancio delle celebrazioni per gli 800 anni di storia della nostra università.

Sarà un anno e mezzo di celebrazioni importantissime,  di tantissimi eventi, rivolti non soltanto a chi frequenta e vive l’università, ma a tutta la cittadinanza e al territorio.

Per noi è anche una data importante perché ricominceranno le lezioni e io mi auguro davvero che quest’anno sia una ripartenza il più possibile in presenza. Ci siamo mancati vicendevolmente, nel senso che mi sono mancati moltissimo gli studenti e le studentesse e viceversa. E quindi diciamo che siamo pronti e attrezzati per aprire tutte le nostre strutture.

Una guida al femminile e di valore per un’istituzione antica, per certi versi anche maschilista.

“Userei proprio il termine maschilista perché in 800 anni il rettore è sempre stato un uomo per cui… questa sarà la prima esperienza con una rettrice donna. Ora io non so quale siano effettivamente tutte queste differenze tra l’essere uomo e l’essere donna. Io mi occupo ad esempio di neuropsicologia e sono anni che si cercano delle differenze a livello celebrale tra il cervello della donna e il cervello dell’uomo. Differenze che in realtà non sono così tante. Sarebbe importante  però, nel caso di posti di comando o di guida,  che noi donne riuscissimo a costruirci un nostro modello di leadership, e non cercassimo di scimmiottare modelli maschili.. Dopodiché ognuno ha la propria personalità e in fine dei conti molte di queste differenze sono più culturali che relative alle persone, siano essi maschi o femmine.

Molti i progetti futuri, alcuni imminenti nel “to do” della Rettrice.

“Ci sono molte cose che dovremmo fare…. Una delle prime è quella di  guidare la riapertura delle aule e della ricerca.

Questo è un impegno importante perché vi assicuro che per noi come istituzione , così come è avvenuto anche per le altre università, e per tutto il mondo in generale, la gestione del covid impegna parecchio.

Quest’anno partiremo con il green pass, abbiamo fatto le prove d’accesso, siamo già partiti con gli esami e devo dire che fino adesso tutto funziona molto bene. Dopodiché ci sono molte sfide, come appunto la celebrazione degli 800 anni dell’ateneo in primis, che ci impegneranno ma è giusto così. Ottocento di storia non capitano a tutte le università e non capitano tutti i giorni. E poi c’è anche un momento importante per l’università, ma anche per l’intero paese, perché inizieranno ad arrivare i fondi del PNRR e le università dovranno partecipare attivamente con progetti di ricerca insieme ai territori, insieme alle regioni. Per cui saremo particolarmente impegnati anche da questo punto di vista.

Non manca una riflessione su quanto sta accadendo in Afghanistan che ovviamente tocca anche il mondo universitario patavino.

“L’università c’è, ancora dal 16 di agosto, quando mi sono sentita al telefono con l’ex rettore Rizzuto (allora ancora in carica), entrambi preoccupati per quanto stava succedendo in Afghanistan.

Essendo noi come università un’istituzione, il nostro primo pensiero è andato alla popolazione in generale ma soprattutto agli studenti e alle studentesse.

Anche perché, rendiamoci conto che noi, come società occidentale, abbiamo effettivamente tradito un popolo. Erano ormai 20 anni che l’occidente era in Afghanistan, soprattutto nella capitale o città importanti non solo come Kabul, ma anche Herat.

E quindi abbiamo un’intera generazione di donne e di ragazze che pensavano di poter studiare, di poter diventare delle professioniste, di poter anche solo banalmente guidare un’automobile, di poter avere un lavoro in autonomia e improvvisamente tutto questo si ferma.

Noi ci siamo attivati fin da subito per cercare in qualche modo di attivare dei canali e portare qui soprattutto le studentesse, perché sappiamo che tra le categorie, se vogliamo parlare di categorie, che pagheranno di più in questo regime, ci sono proprio le donne. I primi segnali già ci sono, questa suddivisione di uomini e donne all’interno dell’università. E ancora è di poco tempo fa la notizia che alle donne sarà impedito di fare sport, qualunque tipo di sport. Quindi abbiamo iniziato a pensarci, a lavorare, a discutere all’interno dell’università e subito il nostro consiglio di amministrazione  ha deliberato le prime 50 borse di studio, totalmente a carico della nostra università, in favore di studenti e studentesse afghane. Borsa di studio significa che potranno venire nella nostra università, le tasse per loro saranno gratuite, e in più avranno 12 mila euro l’anno, una borsa che sarà rinnovabile per tutto il percorso degli studi.”

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