La maternità? Rende le donne più performanti

di Micaela Faggiani
La maternità? Rende le donne più performanti

La maternità migliora il rendimento delle donne lavoratrici

Voglio parlarvi di una violenza che nella nostra società non sempre viene percepita come tale: è la violenza che subiscono le donne che diventano madri e si trovano costrette a scegliere tra la maternità ed il lavoro.

Come sappiamo, la pandemia ha causato la perdita di migliaia di posti di lavoro, la maggior parte dei quali erano ricoperti da donne.

Questo è accaduto anche perché molto spesso sono le donne a doversi occupare dei figli.

Ma il problema sta proprio nella contrapposizione tra lavoro e maternità, come se fossero due elementi incompatibili, quando invece sono complementari.

L’associazione implicita che avviene nella nostra cultura è quella tra maternità e peso, maternità e malattia, maternità e sacrificio. Nell’ottica della produzione, la maternità è l’interruzione di un percorso lineare: una frattura su cui costruire dei ponti per attutirne le conseguenze negative. Nella prospettiva della realizzazione personale, la maternità è una scelta radicale tra qualcosa e qualcos’altro: famiglia contro carriera, donna contro madre, conflitto tra diverse identità in lotta per la stessa porzione di territorio, che sarebbero testa e cuore delle persone. Nell’ottica della società, la maternità è una discontinuità temporale: una pausa, un mettersi temporaneamente di lato perché si diventa portatori di una complessità che complica tutto il resto poiché vi confligge. [1]

La realtà è ben diversa.

Infatti “è un paradosso che fino ad oggi si sia parlato di leadership ignorando completamente la più istruttiva e vitale delle esperienze: quella di chi cura, fa crescere e rende forte un essere umano.” [2]

Non credete che la maternità possa rendere le donne più efficienti e capaci sul lavoro? Adesso vi spiego come.

Quando si diventa madri, in ogni istante, si viene spinte fuori dalla propria comfort zone e, mese dopo mese, oltre i propri limiti. Ogni donna, quando ricomincia a lavorare, sorprendentemente, giorno dopo giorno, può rendersi conto di quante competenze abbia acquisito con il suo ruolo di mamma e che sono utili, anzi fondamentali, anche nella professione.

Vi faccio degli esempi concreti di competenze.

Laser focus: l’obiettivo è la massima efficienza. Una mamma diventa in grado di fare più cose e meglio in minor tempo. Ci si focalizza sulle questioni più rilevanti aumentando la quantità di energia che si mette nello svolgere il proprio lavoro. Questa capacità è utile sia per chi svolge un lavoro individuale sia per chi lavora in team. In questo secondo caso si trasmette ai propri colleghi il valore del proprio tempo, in modo da studiare un argomento e arrivare preparati ad una riunione per trovare quanto prima una soluzione.

Prendere decisioni: Per la gestione dei bambini troviamo un’infinità di indicazioni nei libri, nei siti internet, e tante persone che dispensano consigli. Una madre è consapevole che non esistono regole rigide, ma raccoglie le informazioni e mette in pratica la soluzione più adatta ad una determinata situazione.

Long life learning: Si collega al punto precedente. Si diventa più predisposte ad imparare ed acquisire nuove competenze.

Flessibilità e improvvisazione: I bambini non seguono mai il tuo “programma” e sono esseri in continua evoluzione. Una madre si adatta alle varie situazioni che si presentano.

Azione strategica: Molti sono convinti che le donne abbiano una naturale propensione al multitasking. In realtà è dimostrato che il cervello umano non sia in grado di prestare attenzione a più cose contemporaneamente. La vera abilità delle madri è quella di spostare velocemente l’attenzione da una cosa ad un’altra, sapendo immediatamente riconoscere quale sia la priorità. Il risultato è una maggiore capacità di gestire i momenti complessi e critici.

Mitigazione del rischio: Tutto è potenzialmente un rischio. Con ogni decisione o azione, una mamma valuta come proteggere il suo bambino pur permettendogli di crescere bene. Così come sul lavoro bisogna sempre bilanciare rischi e benefici in modo da ridurre i primi in favore dei secondi.

Self-control: Anche le donne meno pazienti, inevitabilmente, con la maternità imparano ad esserlo. Un bimbo non comprende che le mamma sia stanca e stressata, prima di tutto contano i suoi bisogni. E se sei paziente a casa, impari ad esserlo anche al lavoro.

Lavoro di squadra: La squadra in famiglia è formata da entrambi i genitori [3]. Si dividono i compiti e le responsabilità in base alle proprie capacità.

Un aspetto fondamentale è la capacità di delegare. La donna con la maternità acquisisce la consapevolezza di non bastare a tutto, ma deve fidarsi di altre persone per la gestione dei figli. Questa consapevolezza le permette di tornare al lavoro con una marcia in più, perché riuscirà a delegare e fidarsi maggiormente dei colleghi, senza paura di perdere autorevolezza e diminuendo il suo carico di lavoro.

Attenzione ai dettagli + obiettivo generale: Una mamma sviluppa una capacità di attenzione a dettagli che prima neanche notava. Ma i dettagli sono funzionali all’obiettivo generale di crescere un bambino felice e sano.

Proprio come nel lavoro educativo con i figli, anche nel contesto lavorativo è più funzionale far sì che il progetto riesca ad attrarre tutti verso l’obiettivo.

Perché questo avvenga, il progetto –  che si esprime non solo nella grande visione complessiva, ma anche nelle sue declinazioni di piccoli obiettivi quotidiani – deve essere chiaro a tutti.

Comunicazione: la maternità è una palestra di competenze comunicative. Quotidianamente una madre si allena ad esprimersi con chiarezza, a saper ascoltare, a saper motivare e a sollecitare un ritorno delle nostre comunicazioni. La madre che si rapporta col bambino, anche poco maturo, affina le proprie capacità comunicative e questa competenza le tornerà utile anche nella comunicazione con i clienti, i colleghi, i superiori.

Negoziazione: è strettamente legata alla capacità di comunicazione. Tra il sì e il no c’è una via di mezzo che è proprio la negoziazione. Si impara a non imporsi, perché l’imposizione genera il rifiuto nel proprio interlocutore, bambino o adulto che sia. Nella negoziazione entra in gioco l’ascolto e l’accettazione dell’altro in modo da poter trovare un punto di incontro che sia soddisfacente per entrambi. Questo migliora moltissimo le proprie abilità sociali con colleghi e clienti.

Empatia: è una caratteristica innata nelle donne perché è nella loro natura. Le neuroscienze confermano che quando osserviamo da vicino un altro essere umano mentre prova una certa emozione o sensazione, si attiva la stessa parte del cervello che si è attivata in lui. In molti ambienti lavorativi si ritiene necessario il distacco emotivo per poter prendere le decisioni, invece comprendere quale sia il morale delle persone che ci circondano è un’opportunità per trasformare situazioni complesse e poter sciogliere in anticipo eventuali conflitti. L’empatia favorisce la collaborazione.

Prospettiva: Non esiste famiglia in cui non si presentino dei problemi. Eppure una mamma deve riuscire a far stare i propri figli, per quanto più possibile, sereni, nonostante le difficoltà. Ecco che dunque bisogna affrontare i problemi con la prospettiva che meritano, senza ingrandirli e coinvolgendo solo chi possa contribuire a risolvere il problema.

Tutte queste competenze racchiudono una caratteristica tipica delle donne, che molte non sanno di avere: la TRANSILIENZA [4]. Una parola composta da transizione e resilienza, utilizzata nel linguaggio fantascientifico, che si può applicare in ambito sociale.

La società in cui viviamo tende a racchiudere in compartimenti stagni le nostre esperienze, emozioni e capacità: le capacità in ambito familiare e le capacità in ambito professionale vengono contrapposte.

La transilienza, invece, permette alle nostre esperienze e capacità di fluire da una parte all’altra: ciò che impariamo con la maternità possiamo applicarlo anche sul lavoro, e viceversa.

Altro aspetto fondamentale è che più ruoli corrispondono a maggiori risorse: le donne che hanno più ruoli, hanno più opportunità di stare bene con sé stesse, le proprie attività e i propri successi. Questa riserva di stima e fiducia in sé stesse facilita un alto livello di benessere e può dare i mezzi per alleggerire le parti più difficili della vita.

Infatti un problema molto comune nelle donne che diventano madri è la perdita di autostima. Questa visione, invece, deve ribaltarsi. Bisogna pensare che se una mamma riesce ad affrontare difficoltà quotidiane con i propri figli, tutte le altre difficoltà che si presentano sul lavoro si potranno risolvere.

Le mamme devono riacquisire la fiducia in loro stesse. Dobbiamo lottare contro gli stereotipi che vogliono l’uomo più dedito al lavoro e le donne alla famiglia. Stereotipo che influenza ancora la scelta a favore degli uomini nel mondo del lavoro. Ancora molte donne e mamme si ritrovano chiuse nelle gabbie formate da stereotipi. Queste gabbie si possono rompere e, una volta usciti, anche gli stereotipi si disinnescano. Spesso sono le stesse donne che portano avanti degli stereotipi: “sono mamma quindi non devo lavorare”. Per questo è necessario acquisire la consapevolezza e aiutare le altre donne ad acquisirla per poter uscire dalle gabbie.

Donne e mamme siate consapevoli delle vostre capacità e potenzialità. C’è sempre qualcuno che crede in voi.

Livia Carnevale
Avvocato

[1] https://alleyoop.ilsole24ore.com/2021/06/11/maternita-rimuovere-ostacoli/
[2] Riccarda Zezza, MAAM La maternità è un master, Milano 2014.
[3] Sono consapevole che non tutte hanno un partner. Mamme single, siete dei veri eroi.
[4] Riccarda Zezza, v. nota 2.

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